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Rosario Pesce
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Ieri sera, è andato in scena un interessantissimo dibattito fra Massimo D’Alema e Marine Le Pen, figlia del leader nazionalista francese e, dunque, erede della tradizione neo-fascista transalpina.
Oggetto del contendere: l’Europa.
È ben noto che i movimenti populistici, come la Lega di Salvini ed il partito della Le Pen, trovano agio nell’evidenziare i limiti delle politiche europee, per mietere consenso a go-go, ma è altrettanto vero che tali formazioni, fortunatamente non ascese ancora al potere nei rispettivi Paesi, non garantiscono alcuna prospettiva di governabilità, se non la mera riproduzione di uno stantìo schema anti-euro, che, peraltro, non offrirebbe garanzie in termini di soluzione della crisi economico-finanziaria, che affonda la sua ragion d’essere in un crogiuolo di motivazioni, delle quali la moneta unica è solo quella che appare in modo più vistoso all’elettore comune, attratto dai messaggi populistici dell’Estrema Destra.
Orbene, nel corso del dibattito, andato in onda sugli schermi televisivi, si è rimarcato, nella sua straordinaria portata culturale, l’abisso che esiste fra i politici della precedente generazione, qual è appunto D’Alema, e quelli della nuova, che, in nome di un sentimento iconoclasta, aspirano meramente a distruggere l’esistente, senza offrire un’alternativa credibile e percorribile.
Contro la moneta unica e le politiche dell’UE si possono muovere tutte le obiezioni, che si vuole, ma un dato, evidenziato dall’ex-Presidente del Consiglio italiano, è certo: da quando è nata l’Europa della moneta unica, le guerre nel vecchio continente sono scomparse, per cui gli sforzi degli statisti, che sin dagli anni Cinquanta del secolo scorso, hanno lavorato in tal senso, sono stati coronati dal successo derivante dal fatto che liberamente, oggi, un cittadino - inglese o francese - può andare in Germania, senza temere di essere vittima del nazionalismo, alimentato da questa o quella fazione partitica.
Il Novecento è stato - per definizione - il "secolo breve", costellato di tre guerre mondiali, delle quali due sono state combattute lungo il confine fra Francia e Germania e la terza, quella fredda, invece è andata in scena nei Paesi, che erano delimitati - ad est o ad ovest - dalla famigerata cortina di ferro.
La pace non ha prezzo ed, invero, finanche l’attuale momento economico, pur infelice, è invero ben lungi dalle disgrazie e dalle miserie, causate dagli anni di guerra che, nel secolo scorso, hanno segnato ineluttabilmente il vecchio continente, costringendo popolazioni intere a vivere ai margini del progresso economico e civile e, soprattutto, in una condizione di continua precarietà e rischio per la propria vita.
La Le Pen, erede della tradizione nazionalista, che ha messo a ferro e fuoco l’Europa nel XX secolo, è probabilmente nostalgica di quel periodo, per cui i messaggi di odio, che diffonde contro gli organismi dell’Unione ed, in particolare, contro la Germania - lo Stato più forte e rappresentativo dell’Unione - non aiutano a superare la crisi, visto che la leader francese, seguita da Salvini e da molti altri protagonisti della vita politica del nostro continente, con la sua propaganda genera elementi ulteriori di disagio e di difficoltà.
In verità, la diffusione di concetti nazionalistici non migliora affatto la serenità e la tranquillità di popoli, che meritano solo di vivere - con il minor numero possibile di ansie - le difficoltà oggettive del presente momento storico.
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