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Rosario Pesce
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Il nostro Paese, in questo momento, appare per davvero in ginocchio.
Non solo le tragedie, come il terremoto o le slavine, tendono a dare l’immagine di una nazione che è sull’orlo di una crisi irreversibile.
In momenti tristi, come quelli che stiamo vivendo, non è opportuno fare polemica ed è necessario, solamente, applaudire al sacrificio di quanti, vigili del fuoco ed operatori di Protezione Civile, stanno mettendo in salvo le vite, che non sono ancora perse.
Ma, è chiaro che una riflessione più approfondita va fatta.
Le tragedie potrebbero essere evitate, solo se a monte ci fosse una seria politica di urbanizzazione e di gestione del territorio, che ovviamente manca, visto che, nel recente passato, tanto al Nord quanto al Sud, si è consentito di costruire in aree nelle quali non era, per nulla, prudente edificare alcuna costruzione.
Eppure, fino a quando la natura, lo ha consentito, questo trend è stato possibile, ma oggi non è più immaginabile che si possa edificare, laddove esiste un rischio idrogeologico rilevante.
Frattanto, il territorio, quello già distrutto e devastato, va pure messo in sicurezza, visto che occorre lavorare su quanto è stato costruito, in modo disordinato, negli ultimi decenni.
Certamente, molti tessuti urbani del passato vanno consolidati e ripristinati, ma bisogna avere anche il coraggio di abbandonare quei centri che sorgono, effettivamente, laddove non è saggio che l’uomo vivi, a meno che non si vogliano contare altre disgrazie, come quelle dei giorni scorsi.
È ovvio che la contestuale nevicata ed il sisma hanno aggravato, non poco, la condizione delle popolazioni dell’Italia centrale, ma sarebbe bastato uno solo dei due eventi perché il Paese, comunque, soffrisse.
Ed, allora?
Bisogna auspicare che la politica, quella autorevole, abbia la forza ed il coraggio di pianificare una programmazione del territorio assai diversa da quella odierna ed, altresì, non si può non confidare nell’onestà dei tecnici, che devono avere la competenza giusta per dire, perfino, “no” quando non si può dare un facile e vuoto assenso.
Pertanto, è giusto che il Paese intero si ridesti dal torpore odierno e che tragedie simili possano essere utili per ripartire per davvero, senza ripetere i medesimi errori del passato, per effetto di una tragica coazione a ripetere.
Ne saremo capaci, sia come Paese, che come società civile?
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