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Rosario Pesce
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Il tallone di Achille è un’immagine figurata, che però a volte ridiventa concretezza storica.
Facciamo riferimento, ovviamente, all’incidente occorso al candidato delle primarie del PD, il Presidente pugliese Emiliano, il quale, pochi giorni or sono, si è dovuto fermare per la rottura traumatica del tendine.
Un fatto, apparentemente solo di natura ortopedica e di origine accidentale, rischia di divenire un dato, politicamente, molto importante.
Pronta è stata la richiesta, non a caso, di stoppare le primarie, previste per il prossimo 30 aprile, e di rinviare, sine die, il voto che dovrebbe eleggere il nuovo Segretario Nazionale del PD.
Non sappiamo se e come Renzi vorrà accettare la richiesta, pur legittima, che proviene dal suo avversario interno, ma certo è che, sin dagli inizi, sulle primarie si è addensato uno strano clima.
A guardare bene gli esiti dei Congressi delle singole sezioni e dei circoli, la partita non ci sarebbe: Renzi ha preso più del 60% dei consensi degli iscritti, per cui, a fronte di un’analoga percentuale, in occasione del voto popolare, è chiaro che lui sarà, di nuovo, il leader del principale partito della politica italiana.
Ma, l’incertezza, legata all’incidente di Emiliano, crea una suspense di non poco peso: se i tempi si dovessero dilatare, è ovvio che l’intervento di fatti nuovi rischierebbe di mandare in aria i sogni renziani.
Le minoranze interne, quella di Orlando e quella di Emiliano, si sono compattate, per cui è ovvio che un’eventuale risposta negativa di Renzi, in merito al rinvio delle primarie, determinerebbe di conseguenza una rottura insanabile, visto che ci troveremmo di fronte alla violazione palese di una norma di un codice non scritto, che è anche più importante di tutte le leggi scritte: il rispetto dell’avversario.
Così, il tendine di Emiliano è divenuto il tallone di Achille di Renzi, che deve scegliere se vincere in beata solitudine ovvero stoppare una gara già vinta e rigiocare la partita con due avversari, che certo potranno tornargli utili per dimostrare al mondo intero che il Partito è, pienamente, democratico e non è guidato da una leadership monocratica e disattenta, finanche, ad ascoltare i suoi concorrenti in difficoltà fisica.
Frattanto, la classe dirigente nobile del PD, da Prodi a Napolitano e Macaluso, ha preso posizione per Orlando, a dimostrazione del fatto che, per loro, gli effetti benefici del fenomeno Renzi si sono conclusi e che è arrivato il momento storico, finalmente, di pensare ad un partito che vada ben oltre ogni personalismo, per quanto prezioso sia stato nel recente passato.
Quale?
Forse, Renzi vincerà le primarie e, poi, qualcuno gli dirà che il suo ruolo sarà quello di mero Segretario del PD e non contestualmente, anche, di candidato Premier?
O, forse, a causa del tendine di Emiliano, le primarie non si svolgeranno affatto, per cui si entrerà in un clima di differimento, sine die, del momento reale del confronto interno?
O, forse, le primarie si svolgeranno in condizione di contumacia degli avversari di Renzi, per cui la sua vittoria sarà quella di Pirro?
Certo è che la vicenda interna del PD ci riserva, sempre, delle felici sorprese, per cui non si corre mai il rischio reale di annoiarsi con gli eredi di Berlinguer e di Moro.
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