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Rosario Pesce
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Nel giorno dell’anniversario della morte di Gramsci, sembra che la Sinistra italiana abbia dimenticato il suo fondatore, il pensatore che, invero, più di altri ha condizionato il pensiero politico del Novecento, a tal punto da essere considerato, in tutta Europa, il punto di riferimento essenziale per coloro che hanno tentato di ideare un progetto comunista della società compatibile con i valori della democrazia.
La dimenticanza dell’anniversario della morte del più importante riferimento della cultura progressista è un fatto grave, visto che, in un momento storico nel quale mancano padri nobili, Gramsci lo è a maggior ragione, sia sul piano della riflessione teoretica, che su quello della morale.
È chiaro che gli sviluppi politici degli ultimi decenni hanno condizionato non poco le conseguenze, di cui abbiamo detto.
La nascita di un partito, il PD, che ha tentato di fare una sintesi del pensiero cattolico democratico con quello socialista, costituisce un unicum nel quadro europeo, visto che in tutti i Paesi dell’Occidente le due tradizioni – quella cristiana e quella del riformismo socialdemocratico – sono alternative fra di loro e non oggetto di un’operazione molto difficile di sincretismo.
In tal senso, diviene molto improbabile racchiudere nello stesso Pantheon Gramsci con don Sturzo, Turati con Togliatti, Moro con Berlinguer, visto che - anche in Italia - queste culture si sono contrapposte assai duramente l’una all’altra e sono giunte ad uno sforzo di alleanza, con il Compromesso Storico, solo quando era necessario difendere lo Stato dal pericolo del terrorismo rosso e nero, alla fine degli anni Settanta del secolo scorso.
Per tal motivo, a distanza di dieci anni dalla nascita del PD, oggi il ceto dirigente di quel partito è ancora alla ricerca di una cultura politica di riferimento, che tenga conto della tradizione del Novecento, ma anche degli ineluttabili cambiamenti che derivano dalla globalizzazione e dai fatti sociali salienti di questo primo ventennio del XXI secolo.
E, perciò, diviene più grave l’aver messo in soffitta Gramsci, perché il pensatore di origini sarde fu quello che, meglio di altri, comprese la specificità della vicenda nazionale, intuendo che il Comunismo italiano dovesse seguire una strada diversa ed autonoma da quella della madre Russia.
Forse, le ceneri di Gramsci – per riprendere il titolo di un’opera di Pasolini – inquietano ancora qualche esponente della Sinistra italiana?
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