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Salute o malattia?

domenica, 07 gennaio 2018 14:03

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Rosario Pesce
Ricercare la pace interiore è un tentativo, che non sempre sortisce effetti.
La famiglia, i valori condivisi, le amicizie, l’amore, il tempo libero, il lavoro sono tutti momenti essenziali, che dovrebbero contribuire a creare le condizioni di un rapporto sereno di sé con se stessi.
Ma, non sempre è così.
Non è un caso se, nella società odierna, tende a crescere il disagio psichico, che poi sfocia in comportamenti molto pericolosi: dalla dipendenza dal gioco a quella dall’alcool, dall’uso delle droghe ad atteggiamenti di violenza manifesta.
È chiaro che tutti gli operatori, che possono intervenire in una simile condizione, dai medici agli assistenti sociali, si trovano di fronte ad un mare magnum, per cui è ineluttabile che chi vive una siffatta difficoltà viene ad essere, sovente, in condizione di isolamento, che certo non aiuta a risolvere il problema.
Si dirà che la società dei consumi è malata e che, molto spesso, gli uomini di qualsiasi ceto vengono a trovarsi in uno status di solitudine, finanche quando si trovano circondati da decine di volti amici e di operatori professionali.
È, questo, invero un aspetto del vero, ma non l’unico.
La società odierna è, per sua definizione, ansiogena perché crea stimoli addirittura in eccesso, che poi mettono in discussione la stessa idoneità della persona nell’affrontare le difficoltà della dimensione quotidiana.
Eppure, non si può tornare indietro: non si può, di certo, ricostruire il vecchio mondo contadino, quello nel quale i ritmi ed i tempi di vita erano ben diversi da quelli odierni.
Ma, è ovvio che dal cul de sac bisogna, pure, uscire: non si può immaginare un consesso sociale, nel quale sono in aumento le persone che usano psicofarmaci o che, in molti casi, realizzano gesti estremi, mettendo in serio pericolo la propria vita e quella dei propri cari, che amorevolmente tentano di guarire il loro male, che è quello del secolo.
La psicoanalisi e le varie pratiche psicoterapeutiche hanno fatto passi in avanti, invero, notevoli: d’altronde, il Novecento, anche in letteratura, è stato il secolo della scoperta dell’inconscio e di tutte le problematiche che ne sono derivate, quando l’Uomo ha preso atto della finitudine della ragione e della presenza di una dimensione tanto vasta, quanto – per certi aspetti – inquietante.
Di quella dimensione inconscia bisogna prendersi cura, per evitare che si abbassi notevolmente il livello di qualità della vita, che rimane pur sempre unica ed irripetibile in forme mondane, sia per i credenti che per i laici.
Ma, sarà l’Uomo capace di riscattarsi e di promuovere in modo stringente l’innalzamento degli standard di benessere, che gli sono connaturati?
O, forse, ci abitueremo alla malattia, per cui il patologico - tenuto sotto controllo - sembrerà una normalità appena accettabile?
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