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Un accordo non facile

sabato, 20 maggio 2017 10:18

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Rosario Pesce
Quello, intorno alla legge elettorale, è un accordo non facile, invero.
Infatti, il varo del dispositivo di voto per Camera e Senato impegnerà, nelle prossime settimane, i parlamentari, che andranno alla ricerca della soluzione migliore.
La proposta, fatta dal PD, non ci piace.
Essa, infatti, contempla un ritorno peggiorativo al Mattarellum, con metà dei seggi da eleggere in forma maggioritaria e metà in forma proporzionale, senza preferenze e senza il meccanismo dello scorporo, che consentiva di premiare le liste elettoralmente più deboli.
In particolare, non ci piace l’idea che le liste siano bloccate, per cui metà dei prossimi deputati sarà nominata, mentre l’altra metà sarà eletta e dovrà sudare il fatidico traguardo, ricercando voto su voto.
Perché, allora, non prevedere le preferenze, anche, per la quota proporzionale?
Un Parlamento di nominati e non di eletti, almeno per la metà dei suoi componenti, non ci seduce affatto, visto che costituisce - di per sé - un elemento che non favorisce, in alcun modo, il libero dibattito politico.
I nominati sono vincolati alle decisioni promosse da chi li ha portati in Parlamento, per cui, per davvero, gli spazi di agibilità democratica si riducono.
Peraltro, l’impianto maggioritario della legge dovrebbe trovare la sua giusta enfatizzazione, allargando il più possibile la fetta di deputati da eleggere nei collegi uninominali.
Perché è stato previsto solo il 50% di seggi da attribuire con il maggioritario, mentre, ai tempi del Mattarellum, questa quota era del 75%?
È chiaro che alcuni aspetti della nuova legge dovranno essere cambiati nel corso dei dibattito parlamentare, anche per venire incontro ai rilievi fatti dalla Consulta.
Ma, è fondamentale che, sia in caso di scelta maggioritaria, che di opzione proporzionale, venga data la possibilità agli elettori di scegliere il deputato, perché un’Assemblea di nominati non farebbe altro che allontanare i cittadini dal voto e, soprattutto, dare spazio a rivendicazioni di tipo populistico e demagogico, di cui il Paese non ha bisogno, visto il triste momento storico che stiamo tutti attraversando.
Ed, allora, un atto di coraggio sarebbe auspicabile: alcun paracadute per nessuno e chi vuole, invero, divenire Senatore o Deputato, deve sudarsi l’elezione, correndo in modo civile e democratico per un obiettivo, certamente, molto prestigioso.
Saranno gli attuali parlamentari in grado di compiere una simile scelta di coraggio o, per difendere un privilegio, daranno vita ad un nuovo Parlamento di nominati, che non rappresenta nessuno, se non i capibastone che li hanno indicati?
Come si vede, il varo della nuova legge non solo costituisce l’ultimo atto politico della legislatura, ma di fatto è l’ennesimo momento di svolta di una nazione, che ormai guarda - per lo più - alle istituzioni sempre più con indifferenza o, peggio ancora, con disprezzo.
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