|
|
Rosario Pesce
|
|
Il titolo della celeberrima canzone di De Gregori rappresenta bene il tristissimo momento storico che stiamo vivendo, ricco di interrogativi per il presente e per il futuro.
A tutt’oggi, non possediamo una risposta definitiva su molti aspetti sanitari della vicenda Covid.
In primis, il virus è nato per vie naturali o è stato oggetto di una produzione di laboratorio?
Nel caso di produzione artificiale dello stesso, si è diffuso per un mero errore umano o per un ben preciso calcolo politico ed economico?
Quando usciremo, per davvero, dalla pandemia?
I malati, che sono poi guariti, potranno in futuro sviluppare di nuovo la stessa malattia ovvero potranno sviluppare altre patologie, conseguenze comunque del morbo che hanno contratto in questi mesi?
Il Sars-covid19 sarà l’ultima pandemia di questo secolo o ce ne saranno ancora altre?
E quali le conseguenze politico-economiche dei prossimi decenni?
L’Europa esisterà in futuro o sarà travolta dalla crisi?
I sistemi democratici, così fragili, continueranno ad esistere o saranno sconfitti dall’ondata di nazionalismo e di sovranismo, che trova nella pandemia terreno fertile?
Il sistema economico, che dovrà necessariamente mutare per effetto delle prescrizioni sanitarie, sarà in piedi, nonostante tutto, come lo abbiamo conosciuto nei decenni scorsi?
L’inflazione, che nascerà per effetto dell’indebitamento degli Stati sovrani e dell’innalzamento conseguente dei tassi di interesse, riporterà l’Europa alle condizioni degli anni Trenta del secolo scorso?
Ed, infine, la gioia del vivere - che ha sempre caratterizzato gli esseri umani - continuerà ad essere il tratto psicologico dominante della nostra specie?
I quesiti sono tanti, ma la certezza è una sola: siamo noi gli arbitri del nostro destino e, di fronte ad eventi così tragici, come quelli delle ultime settimane, saremo ancora di più gli artefici delle sorti di un’umanità, che oggi - incredula - è ripiegata a piangere i suoi morti.
|
|