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Rosario Pesce
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Si è chiusa la corsa allo scudetto, con la vittoria di fatto della Juventus ai danni di un Napoli che ha giocato il migliore calcio degli ultimi anni, forse con l’unica colpa di essere arrivato stanco, fisicamente e mentalmente, nella parte decisiva della stagione.
Come da tradizione, non mancano le polemiche intorno a delle decisioni arbitrali che, giuste o sbagliate che siano, hanno indubbiamente deciso ed orientato l’assegnazione del titolo quest’anno, a dimostrazione del fatto che, finanche, l’introduzione della tecnologia del Var non è servita ad eliminare i dubbi, che sempre ci sono stati nelle fasi importanti dei campionati di calcio.
Ma, non interessa intrattenerci su questi aspetti: la giustizia arbitraria, come qualsiasi altra manifestazione umana, è sempre discutibile ed opinabile, per cui, purché fatti in buona fede, possono essere tollerabili anche gli errori eventuali degli arbitri, perché fanno parte del gioco, come quelli degli allenatori o dei presidenti o dei calciatori.
Ci interessa, piuttosto, evidenziare come il rinnovamento nel calcio del nostro Paese proceda molto lentamente: d’altronde, se negli ultimi sette anni il titolo è sempre andato con merito alla stessa squadra, significa che non c’è nulla di nuovo sui campi della Serie A, a tal punto che vince una formazione con alcuni calciatori che hanno una media anagrafica notevolmente alta per essere, ancora, competitivi rispetto ai loro colleghi di altri Paesi.
Ma, ogni Paese ha il calcio che merita e l’Italia, almeno per il momento, non mostra nulla di nuovo.
Forse, nei prossimi anni si affermeranno nuovi club o nuovi campioni, che spodesteranno il primato juventino, che rischia di essere troppo lungo nel tempo per essere credibile e per giovare, effettivamente, al nostro sport?
O, forse, gli equilibri non muteranno, per cui un club vincerà ancora, mentre gli altri saranno in competizione fra di loro per le posizioni immediatamente successive alla prima?
Certo è che il calcio è la cartina di tornasole del nostro Paese ed i suoi molti difetti (e pregi) sono l’immagine migliore di una nazione, forse, ancora ferma prima di una vera ed autentica svolta in molti comparti della vita civile?
Perché si interrompa un primato, è necessario che nascano nuovi campioni e nuove idee: li stiamo aspettando con ansia, per il bene dei nostri colori amati e per quello del Paese intero.
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