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lunedì, 09 marzo 2015 23:30 |
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Monsignor Antonello Mennini
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Rosario Pesce
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È notizia di questi ultimi giorni la possibile riapertura del caso Moro, sul quale hanno investigato moltissimi inquirenti, riuscendo però a giungere a delle conclusioni, invero, assai miserevoli, se si considera che quello fu l’omicidio politico più importante dell’intera storia repubblicana.
Infatti, il Papa ha dato l'assenso al sacerdote confessore dell’ex-Presidente della DC, don Mennini, affinché, finalmente dopo più di venticinque anni, egli possa testimoniare davanti alle autorità competenti, Commissione parlamentare e giudici.
Cossiga, all’epoca del delitto Moro Ministro degli Interni, prima di morire ha ribadito una verità, che, se fosse dimostrata, sarebbe sconvolgente: don Mennini avrebbe, più volte, incontrato Moro nel corso della sua prigionia, arrivando a somministrargli, finanche, gli uffici religiosi, poche ore prima che le BR lo uccidessero.
Sarebbe un fatto eccezionale, se si riuscisse a trovare la prova di un simile fatto, perché costituirebbe una novità fondamentale in un processo di ricostruzione storica, che finora ha tante, troppe lacune: se don Mennini ha, effettivamente, incontrato Moro nei cinquantacinque giorni della sua detenzione nel covo brigatista, si deduce che lo Stato sapesse dove si trovava recluso il leader democristiano, perché, evidentemente, per quanto il sacerdote abbia potuto agire in assoluta solitudine, era inevitabile che un personaggio di tale importanza, reclamato da Moro prima di morire, per essere assistito da un punto di vista religioso, fosse pedinato dai Servizi Segreti, i quali, dunque seguendo le tracce di don Mennini, potevano giungere fino alla prigionia di Moro.
Perché, allora, Moro non venne liberato, con un intervento mirato da parte dei corpi speciali dell’Esercito?
Don Mennini, ovviamente, chiamato in causa, ha smentito l’ipotesi di Cossiga, affermando che, mai, egli ha incontrato lo statista destinato alla morte e che, invero, non ha mai saputo neanche dove fosse detenuto, benché fosse noto a molti che Moro, da buon cattolico, reclamava periodicamente i sacramenti ad opera del prete di sua fiducia, tanto più nei primi giorni del maggio del 1978, quando capì che ogni trattativa era saltata e che, quindi, i suoi compagni di partito lo avevano condannato a morire per mano brigatista.
D’altronde, un tentativo di mediazione, da parte di Paolo VI, venne effettuato, tanto che lo stesso don Mennini dichiara che il Vaticano era disposto a versare dieci miliardi di lire, pur di salvare la vita ad Aldo Moro, benché il Papa si fosse tirato indietro rispetto all’ipotesi, più verosimile, di scambiare lo statista con alcuni brigatisti, che erano detenuti nelle carceri italiane.
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Ritrovamento del corpo di Moro in via Caetani
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Certo è che, sulla vicenda Moro, si sono scaricati una serie di condizionamenti, che hanno agito tutti nella medesima direzione, cioè hanno favorito la morte del Presidente democristiano.
Il suo partito lo voleva morto, perché il Compromesso Storico era inviso alla maggioranza della DC, nonostante il sostegno formale di Cossiga e di Andreotti, che di fatto agirono in senso opposto a quello dichiarato, allo scopo di evitare una presenza fin troppo lunga e determinante dei Comunisti all’interno della complessa maggioranza parlamentare; gli Americani ed i Russi, anche se per motivi opposti, spinsero affinché Moro non uscisse vivo dalla prigionia, sapendo bene che, con la sua morte violenta, l’Italia avrebbe svoltato a Destra e che sarebbe finita la stagione della collaborazione fra PCI e DC. Infine, la stessa Chiesa, nonostante la frequentazione e l’amicizia fra Paolo VI e Moro, non fu così forte, da dimostrarsi autonoma dalle potenze straniere nella trattativa con le BR, che pure essa realizzò, attraverso il contributo decisivo dello stesso Mennini, che – benché lo neghi – forse ha, effettivamente, incontrato le BR, per tentare di salvare la vita al povero parlamentare democristiano.
La morte di Moro rimarrà, per decenni ancora, avvolta dal mistero, ma un dato non si può negare: essa ha cambiato la storia, chiudendo definitivamente gli anni Settanta ed aprendo una stagione di cambiamenti, che hanno mutato in peggio le istituzioni, togliendo soprattutto agli Italiani quel giusto sentimento identitario, che non dovrebbe mai mancare ad una comunità nazionale, tanto più in momenti di fortissima ed acuta crisi politica e morale.
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