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Rosario Pesce
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È chiaro che, dalla campagna elettorale in corso, emergono a pieno le paure di un Paese, come il nostro, che non è stato in grado, a tutt’oggi, di fare il salto di qualità che gli potesse consentire di essere allineato agli Stati più forti d’Europa, come la Germania o la Francia.
In primis, la paura dello straniero sta dominando, in modo preponderante, la campagna in vista del voto del prossimo 4 marzo, a dimostrazione del fatto che gli uomini sono sempre rivolti alla ricerca di un capro espiatorio e quale migliore capo espiatorio può essere se non quello fornito dalla fobia degli extra-comunitari?
È ovvio che alcuni partiti, in particolare, non fanno altro che alimentare il fuoco, ben sapendo che, dalle fiamme che si possono azionare, può derivare un vantaggio elettorale per chi, forse, non possiede argomentazioni diverse.
Peraltro, dal 1992 in poi, cioè da Tangentopoli, la politica è sempre più intimamente legata alle vicende giudiziarie, per cui i temi della Giustizia diventano il pane quotidiano in campagna elettorale.
Qualcuno potrà obiettare che, anche in altri Paesi, gli scandali giudiziari sono lo strumento migliore per decretare le fortune politiche di questo o di quel partito, ma è pleonastico sottolineare che, in Italia, forse vi è una sensibilità viepiù pronunciata per simili problematiche, per cui sui giornali la pagina della politica è sempre più intrisa con quella della cronaca giudiziaria.
Non possiamo, allora, che auspicare che nelle due settimane decisive, prima del voto, la campagna elettorale possa tornare a trattare i temi naturali del contendere politico, perché l’esito poi delle elezioni del 4 marzo dovrà dipendere, invero, da questo e non dagli elementi extra-politici, che rischiano invece di prendere il sopravvento, da una parte come dall’altra degli attuali schieramenti che sono in corsa per il Governo del Paese.
Ed è ovvio che il nostro deve tornare a divenire un Paese “normale”, nel quale si deve fare politica guardando ai problemi reali degli individui e non rimanendo chiusi in logiche politicistiche, che sono comprensibili solo per gli addetti ai lavori, così come è altrettanto pleonastico sottolineare che l’onestà deve essere il prerequisito fondamentale ed essenziale per chiunque voglia immaginare un proprio impegno serio e credibile nelle istituzioni, in piena linea con il dettato della nostra Costituzione che postula la dignità e l’integrità morale indiscussa del pubblico amministratore, tanto più a carico di chi lo è per mandato degli elettori, nell’esercizio di funzioni democratiche.
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