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Allegoria Italia unita - Olio su tela di Antonio Muzzi - 1888 - Bologna Pinacoteca Nazionale
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Rosario Pesce
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È evidente che, nel nostro Paese come in tutta Europa, sta spirando un vento che è contrario alla moderazione ed alla gestione saggia dei conflitti, che possono sorgere in realtà complesse ed articolate, quali sono le nostre comunità cittadine e nazionali.
Ci sono molti soggetti che, per ragioni o di profitto o di interesse politico, credono di trarre vantaggio, alimentando il fuoco del conflitto permanente.
È ovvio che una simile visione è molto pericolosa, perché i confitti – o anche semplicemente le ipotesi di conflitto – vanno sedati e non alimentati, a meno che non si voglia fare un passo verso il caos.
La politica, in particolare, dovrebbe assolvere a questo compito: abbassare i toni della polemica e creare le premesse perché le problematiche attuali possano essere gestite in un clima di condivisione degli sforzi e non di contrapposizione fra fazioni ed interessi divergenti.
Ma, non sempre la politica assolve ad un tal ruolo: anzi, sovente, il dibattito diviene il primo promotore di un clima non proficuo, che invero non aiuta il percorso di individuazione dei problemi e delle loro eventuali soluzioni.
Peraltro, sappiamo bene quanti danni può arrecare alla nostra società un eterno stato di conflitto: il Novecento è stato il secolo nel corso del quale i furori ideologici hanno prodotto conseguenze più nefaste e nessuno di noi, in un’èra post-ideologica, può volere la reiterazione di un simile scenario.
Finanche il messaggio religioso, che è un fattore di coesione sociale e di unità, viene invece a volte distorto ed utilizzato per finalità che non gli appartengono: seminare odio e zizzania non fa bene e non può che produrre effetti imprevisti.
Per tal motivo, non si può che auspicare che torni la ragionevolezza come strumento di soluzione dei conflitti all’interno di tutti i possibili luoghi sociali, dalla famiglia al lavoro ed alle istituzioni elettive.
È solo un auspicio o un possibile percorso?
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