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Rosario Pesce
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È chiaro che la vicenda politica di queste settimane pone il PD al centro dell’attenzione, perché è ineluttabile che dal dibattito, interno a quella forza, dipendono gli esiti della legislatura iniziata con il voto dello scorso 4 marzo.
Ed è altrettanto chiaro che, intorno alla vicenda della nascita del Governo, si sta consumando una lotta intestina fra Renzi ed un gruppo importante, che potrebbe terminare, finanche, con un’eventuale scissione, per il momento scongiurata solo perché il Segretario reggente Martina non ha avuto la forza dei numeri ed il coraggio di assumere una decisione diversa da quella renziana in merito alla composizione del Governo con i Cinque Stelle.
Ma, è ineluttabile che il dibattito porterà delle novità importanti, anche perché, se dovesse nascere un Governo tecnico con il solo compito di fare la legge elettorale e di portare il Paese a nuove elezioni entro un tempo non superiore ai dodici mesi, è evidente che una differente leadership deve emergere per poter rimpiazzare quella renziana ed, al momento, né Martina, né Franceschini, né Orlando, né Emiliano, né Cuperlo, né altri interpretano la sensibilità maggioritaria della base degli elettori di quel partito.
Ed, allora, l’appello fatto dal Sindaco di Milano, Sala, volto a far emergere un gruppo di dieci saggi, che possano dare un contributo al partito in un momento in cui deve essere ricostruita un’intera classe dirigente, deve essere ascoltato, perché è ovvio che, fino a quando non nascerà una nuova personalità in grado di coagulare, intorno a sé, tutta l’area democratica, riformista e progressista, il PD e le forze che gli sono prossime sono destinate a recitare un ruolo secondario nello scenario istituzionale del Paese.
E, quindi, lo stesso Sala, Zingaretti, il Presidente della Regione Lazio, e molti altri ancora, che oggi rivestono ruoli importanti di amministrazione nelle Regioni e nelle grandi città, possono e devono fare un passo in avanti per proporre un ricambio generazionale, visto che le elezioni dello scorso 4 marzo hanno rottamato non solo il ceto dirigente del PD, ma più in generale l’intero quadro politico dell’ultimo ventennio, per cui sarebbe esiziale per qualsiasi forza – ed, a maggior ragione, per il PD – presentarsi al vaglio degli elettori con i medesimi volti che hanno avuto compiti e responsabilità di Governo nell’ultima stagione.
Forse, è necessario che ci sia un deus ex-machina, perché l’area progressista del Paese torni ad essere maggioranza?
Certo è che, questa volta, non bisognerà ripetere il medesimo errore fatto da Renzi: chiunque sarà individuato come leader, dovrà formare intorno a sé gruppi dirigenti autentici, che possano supportarlo per davvero, perché la stagione degli Unti dal Signore è, comunque, terminata e non si può delegare ad un solo individuo l’ideazione e l’implementazione degli indirizzi politici, a meno che non si voglia incorrere negli stessi, mortificanti risultati odierni.
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