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I dubbi di Zingaretti

domenica, 22 dicembre 2019 07:43

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Il Presidente Sergio Mattarella in occasione della cerimonia di giuramento del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte e dei membri del nuovo Governo (foto di Francesco Ammendola - Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza de
Rosario Pesce
È evidente che il Governo Conte è arrivato ad un bivio: o rilancia la propria azione, aspirando a divenire un Dicastero di legislatura, o è destinato nel giro di qualche settimana a dover lasciare il posto ad una compagine diversa.
Molti sono i punti interrogativi, legati per lo più a fattori che ineriscono alla vita dei partiti e, quindi, del Governo in sé.
È ovvio, infatti, che le elezioni regionali del prossimo mese di gennaio ci daranno informazioni preziose in merito alla vitalità del PD ed a quella del M5S, cioè delle due principali forze che sostengono il Governo Conte.
Zingaretti, in particolare, deve sciogliere molti dubbi.
In primis, il PD – e, forse, l’intero Centro-Sinistra – deve chiarire a sé ed agli Italiani il rapporto con il movimento delle sardine, che certamente costituisce un fattore di novità nel quadro politico generale.
I giovani leader di quel movimento diventeranno parte integrante del PD e delle liste, che lo stesso andrà a comporre nelle Regioni dove si vota, o decideranno di rimanere fuori da ogni partito, per poi predisporre eventualmente delle liste civiche o per dar vita ad un proprio partito organizzato solo dopo le stesse elezioni regionali?
Così come è necessario che il PD chiarisca il rapporto con il M5S in termini di spinta e forza propulsiva.
Quando al Governo i 5 Stelle erano insieme alla Lega, il partito che aveva maggiore visibilità era quello di Salvini, che si è costruito in questo modo un consenso importante.
Oggi, invece, il PD – che ha preso il posto della Lega nella compagine governativa – appare fin troppo acquiescente alle posizioni grilline, come è successo in materia di riforma dei tempi del processo penale.
Se si continua per tale percorso, è chiaro che la presenza al Governo non porterà alcun giovamento al PD e l’unico, che se ne avvantaggerà, sarà Renzi che ha compreso bene che le idee riformiste non possono essere interpretate da Di Maio o Grillo.
Perciò, è giusto che Zingaretti faccia sentire la sua voce molto autorevole, segnando una distinzione netta fra le posizioni del proprio partito e quelle del Governo in alcune materie in particolare, se non vuole che, in futuro, la caduta di Conte sia letta come il segno della sconfitta sua e del PD.
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