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Il fallimento dell'umanità

martedì, 08 novembre 2016 14:23

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Rosario Pesce
Il messaggio di Papa Francesco, nel corso dell’ultimo week-end, è stato molto chiaro: si salvano le banche e si lasciano morire migliaia di uomini e bambini, che non vengono debitamente assistiti.
Le parole del Pontefice sono sacrosante: ormai, i nostri sistemi politici ed istituzionali sono fortemente condizionati dalla finanza, per cui le ragioni economiche, spesso, vengono prima di quelle solidaristiche.
Peraltro, la nascita di un ordine mondiale, quale quello che si è creato dopo la caduta del Muro di Berlino, ha fatto sì che ai nostri poveri si aggiungessero quelli provenienti dal Terzo Mondo, per cui le fasce autentiche di povertà sono molto più ampie di quanto non lo fossero nel secolo scorso. La politica, poi, compie il suo misfatto: le ragioni finanziarie fanno sì che lo stato sociale venga, di giorno in giorno, sempre più depotenziato, per cui sia l’istruzione, che la sanità e la previdenza vengono sacrificate sull’altare del risanamento dei bilanci dei singoli Stati.
Non è un caso se, in tutta Europa, oggi lo stato sociale sia molto più fragile di quanto non lo sia stato nel corso del XX secolo, per cui diminuiscono - notevolmente - gli spazi di crescita a favore dei ceti più deboli.
La religione rimane non solo come fattore di speranza per i più deboli, ma anche come valido e concreto sostegno in favore degli indigenti.
Non possiamo, invero, dimenticare il grandissimo ruolo svolto dalle organizzazioni cattoliche in favore dei più poveri: dalla Caritas alle varie associazioni di volontariato, sono tutte impegnate nel dare un po’ di dignità ed un tozzo di pane a chi vive per strada, finanche dopo un recente passato di relativo agio.
Nei prossimi decenni, le dinamiche che abbiamo - sopra - descritto, purtroppo, diventeranno sempre più evidenti, per cui non si potrà fare a meno della presenza di quanti offrono un pasto caldo a chi non ha più nulla.
Ma, un appello alla politica non può non essere fatto, a meno che non si voglia giungere al conflitto permanente fra quanti hanno qualcosa e quanti, invece, non hanno proprio niente.
Forse, è arrivato il momento che il sistema dei partiti smetta di essere autoreferenziale ed inizi a discutere dei problemi seri?
Forse, sarebbe opportuno, per davvero, come ha denunciato il Pontefice, non finanziare più i grandi poteri economici e finanziari ed, invece, sostenere chi ha bisogno, in nome di un principio elementare di solidarietà verso il proprio simile?
O, forse, l’economia della società post-industriale non può fare a meno di ceti indigenti, privi di qualsiasi bene?
Ed, allora, non sarebbe più equo ripensare l’intero sistema, per evitare che, dallo stridore attuale, non nasca un conflitto permanente, che farebbe molto male a tutti gli uomini, credenti o laici che siano?
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