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Rosario Pesce
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Dove sono più i campioni di un tempo?
Il Mondiale di calcio, in corso di svolgimento in Russia, sta evidenziando una povertà tecnica notevole, visto che le cose migliori vengono realizzate da campioni che sono sulla scena internazionale da almeno dieci anni.
Non è un caso se, finora, l’unica stella è stata quella di Cristiano Ronaldo, che certo non scopriamo oggi, a dimostrazione del fatto che, finanche, il vivaio dell’America Latina, sempre ricco di nuovi talenti, nel corso degli ultimi quattro anni ha prodotto poco o nulla di davvero rilevante.
La stessa Argentina è piena di calciatori trentenni, da Messi a Di Maria, a dimostrazione ulteriore che il vivaio di quella nazione è più povero di quello brasiliano, che produce stelle che, però, a volte si perdono quando vengono a giocare in Europa.
E la vecchia Europa è quella che, invece, offre il dato più interessante.
Fuori l’Italia e l’Olanda, un po’ avanti negli anni la Germania campione del mondo quattro anni fa, la vera novità è rappresentata dalle nazionali dell’Est, da Croazia a Serbia, dalla stessa Russia padrona di casa alla Polonia, a testimonianza del fatto che, nel corso degli ultimi anni, in quei territori sono cresciuti calciatori di ottima fattura che, benché non siano destinati a divenire il nuovo Messi o il novello Ronaldo, hanno però le capacità ed il talento giusto per mettere su delle squadre che non sfigurano.
D’altronde, non dobbiamo invero dimenticare che il calcio è un gioco di squadra, per cui più che il singolo campione conta l’organizzazione e l’affiatamento che si creano fra quelli che scendono in campo e gli altri undici che rimangono in panchina.
Pertanto, si può dire che non è quello russo il Campionato Mondiale dei fenomeni, ma è una competizione che, probabilmente, vincerà chi dimostrerà di essere meglio organizzato ed equipaggiato dal punto di vista tecnico in tutti i settori del campo.
L’epoca di Maradona o di Pelé o di Platini non esiste più: d’altronde, neanche Messi o Ronaldo sono paragonabili a simili stelle del calcio dello scorso secolo, per cui non si può non premiare quelle nazioni che sanno far divenire ottimi calciatori dei giovani che hanno un discreto talento, anche se mai saranno dei campioni in senso assoluto.
E l’Italia?
Dovrà seguire, nei prossimi quattro anni, la medesima strada.
Dal momento che fenomeni non se ne scorgono, le squadre di club e la Federazione dovranno far crescere i giovani, che abbiamo, cosicché possano in futuro confrontarsi con i loro coetanei russi o polacchi o slavi, perché quella è, ineluttabilmente, la nuova frontiera del calcio continentale.
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