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Rosario Pesce
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Quello odierno, in Germania, è un voto molto importante per l’intera Europa, visto che l’elezione del Premier tedesco è un fatto che, di per sé, condiziona tutti gli altri Stati.
La rielezione della Merkel dovrebbe essere scontata, per cui ciò rappresenta già un fatto decisivo, dal momento che, mentre in altri Paesi esistono precarietà ed instabilità, la nazione che guida il continente vive un periodo di fortissima stabilità politica ed istituzionale.
Inoltre, la rielezione della Merkel dovrebbe essere un elemento ulteriore di consolidamento dell’asse franco-tedesco, visto che, da quando è nata la nuova Europa, i due Paesi, Germania e Francia, sono la vera carovana dell’intero continente.
Quindi, saremmo di fronte ad una non-svolta, se tutto dovesse essere riconfermato, ma sappiamo bene che la politica non è una scienza esatta.
Infatti, anche in caso di conferma del Governo uscente tedesco, comunque un mutamento sarebbe in atto.
È evidente che l’Europa, a conduzione franco-tedesca, non è più adeguata alle esigenze dei tempi, visto che l’asse, progressivamente, si sta trasferendo verso l’Oriente, in particolare verso quei Paesi, un tempo satelliti dell’Unione Sovietica, che oggi hanno un tasso di crescita superiore, finanche, a quello della stessa Germania e che, nell’arco di una generazione, saranno forti non meno di Francia, Italia e Spagna.
Peraltro, il contestuale referendum per l’indipendenza della Catalogna rappresenta un ulteriore tassello della nuova Europa: mentre l’Europa povera, quella del Sud e del Mediterraneo, si sfalda nei vari particolarismi regionali, quella ricca – l’Europa del Nord e dell’Est, appunto – costruisce il suo futuro rigoglioso e promettente.
Cosa fare, allora, per riportare l’asse laddove nacque l’Europa ai tempi dei Romani, cioè nel bacino del Mediterraneo?
È ovvio che il nostro Paese, da solo, conta poco o nulla e, nei prossimi anni, l’isolamento dell’Italia porterà, ancora, altri danni, visto che non abbiamo un alleato, con cui ipotizzare di costruire insieme un tratto di strada.
Saremmo la periferia del continente, molto più di quanto non lo siamo, già, stati nel corso dell’ultimo decennio?
È chiaro che le elezioni del 2018 saranno decisive a tal riguardo, perché, in caso di vittoria di Grillo o Salvini, non solo non conteremo più nulla in Europa, ma molto probabilmente saremmo prossimi ad un’exit-strategy, che pochi avrebbero immaginato, solo, fino a pochissimo tempo fa.
Era, proprio, quello che avevamo immaginato di fare, quando abbiamo sottoscritto i Trattati di Roma?
Forse, un futuro diverso lo avremmo ipotizzato, ma siamo ancora in tempo per non divenire gli ultimi di un continente, che cresce molto più velocemente di noi e delle nostre stesse speranze in un futuro migliore.
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