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Le sardine: movimento o partito?

sabato, 23 novembre 2019 19:41

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Rosario Pesce
La novità, nel panorama politico delle ultime settimane, è certamente costituita dal movimento delle Sardine, che nato per iniziativa di pochi giovani è divenuto, in brevissimo tempo, un fenomeno di massa.
Esploso nella rossa Emilia per fronteggiare l’avanzata elettorale di Salvini e della sua Lega sovranista, esso si è diffuso in tutto il Paese, per cui si svolgono dei flash mob da Nord a Sud in nome dei valori storici della Sinistra: non è un caso se il motivo musicale di tali incontri è l’eterna “Bella Ciao”.
Nascono, quindi, in modo spontaneo delle dinamiche di mobilitazione sociale, che partono in primis dai giovani che fanno uso dei social media e poi, da questi, si irradiano a tutte le altre fasce generazionali.
Le domande sono molteplici.
Le Sardine (molto bello, anche, il riferimento nella simbologia al noto pesce azzurro) sono uno stimolo solo per fare fronte alla Destra o, a breve, saranno un motore importante di rinnovamento per la stessa Sinistra?
Rimarranno nella condizione odierna di movimento o diventeranno partito, dandosi quindi un programma ed un organigramma?
La mobilitazione, che ne è nata, condizionerà finanche l’esito delle prossime elezioni regionali di gennaio in Emilia ed in Calabria?
E la Sinistra, quella ufficiale costituita dal PD e dalle piccole formazioni che sono suoi alleati, quali conseguenze ne trarrà?
È evidente che il momento storico è molto delicato.
La svolta, che avrebbe dovuto imprimere il nuovo Governo, non c’è stata, per cui ai vertici del Partito Democratico molti hanno, ormai, intuito che la liaison con i Grillini non può andare avanti ancora per molto tempo: il ceto politico e la società italiana devono necessariamente essere protagonisti di un cambiamento radicale, se non si vuole che la conclusione eventuale del Governo Conte coincida con la delegittimazione di una intera classe governante.
Ed, allora, ben vengano i giovani delle Sardine a creare un po’ di sano sconvolgimento in un equilibro altrimenti asfittico.
Certo, dalle piazze non si può governare il Paese, ma si può senza dubbio creare il presupposto per un ricambio di uomini e di idee, che oggi è necessario ed opportuno se si vuole evitare che il cittadino medio, quello che lavora in modo onesto e che paga le tasse, non si allontani in modo pericoloso ancora di più dalle dinamiche dei Palazzi del potere.
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