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Rosario Pesce
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L’America di Trump costituisce un punto interrogativo, non solo per i cittadini americani, ma soprattutto per quelli europei.
In particolar modo, i due quesiti, che il mondo intero si pone, sono i seguenti: quale sarà la politica estera della prima potenza al mondo?
Quale sarà la politica in materia di diritti civili, per un Paese che esce da anni di forte liberalismo con Obama?
Tali interrogativi non sono, di certo, irrilevanti: dagli atteggiamenti degli Usa deriveranno conseguenze planetarie di portata storica.
È evidente che la politica estera del Governo Obama, nel corso degli ultimi otto anni, sia stata il vero tallone d’Achille dell’America liberale del Presidente afro-americano.
Infatti, aver determinato la caduta dei Governi del Nord-Africa è stata una scelta scellerata, il cui prezzo sarà pagato per molti decenni.
Quei regimi, per quanto illiberali, erano però dei freni importanti per i fenomeni migratori, che invece sono esplosi subito dopo quel crollo istituzionale ed, oggi, l’Europa si trova a fronteggiare, senza i dovuti mezzi economici ed organizzativi, un’emergenza che si protrarrà, ancora, per molto tempo.
Inoltre, è evidente che lo stato di continuo conflitto con la Russia di Putin non ha contribuito, invero, alla pacificazione del mondo, per cui la premessa di Trump, volta alla costituzione di una nuova fase diplomatica nei rapporti fra le due principali superpotenze mondiali sul piano militare, non può che essere un elemento di riflessione di importanza non secondaria.
Certo, per altro verso, fa arricciare il naso – e non poco – il suo orientamento culturale in materia di diritti civili, ma crediamo che l’America ha prodotto i giusti strumenti di difesa contro un’eventuale recrudescenza di sentimenti razzisti.
D’altronde, non possiamo dimenticare che, proprio, la comunità nera è stata quella che ha dato un consenso inatteso al nuovo Presidente, a dimostrazione del fatto che i diritti civili, promessi da Obama, non sono stati il leit motiv dell’ultima campagna elettorale.
Appare ineluttabile che le persone ed i ceti sociali, che hanno difficoltà economiche, votano per chi promette loro il pane e, molto spesso, il pane è - effettivamente - prioritario rispetto alla libertà.
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