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Rosario Pesce
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L'augurio di un Natale di serenità non può che essere, in questo giorno, il mantra di tutte le persone che vogliono bene a loro stesse, al prossimo, all'umanità intera.
È evidente che l'augurio contiene in sé solo una dimensione prospettica, ottativa, desiderativa.
Purtroppo, in modo particolare l'augurio di pace non può che essere l'espressione di una volontà che si realizzerà, tendenzialmente, al limite dell'esistenza dell'umanità.
Aleppo, le vicende del Medioriente, gli attentati dei terroristi islamisti in Germania ed in Francia, la morte di tantissimi bambini innocenti, protagonisti di guerre, di cui sono vittime in senso assoluto, sono tutti fatti che dimostrano come l'uomo si stia allontanando da un orizzonte irenico, che diviene sempre più un punto di arrivo irraggiungibile per Stati e nazioni intere.
Cosa fare?
Non si può rimanere fermi di fronte a scene, che raccontano dolore, morte, pianto, disperazione, sofferenze atroci.
Le religioni, che dovrebbero condurre l'umanità verso traguardi diversi da quelli odierni, sono sovente l'acceleratore di conflitti, attriti, incompatibilità, che divengono giorno dopo giorno sempre più stridenti ed irrisolti.
Non ci resta, dunque, che credere nella natura buona e generosa dell'essere umano, sperando che essa possa emergere rispetto a quella cattiva e sadica, che pure si annida fra noi comuni mortali.
Possiamo, certo, migliorare il presente gramo, ma soprattutto dovremmo, tutti insieme, immaginare un modo diverso di stare insieme, meno conflittuale, più costruttivo e armonioso.
Sarà solo un sogno, l'auspicio della Vigilia?
O, forse, questa volta l'umanità ha, davvero, compreso che, se vuole sopravvivere, deve effettivamente mutare il percorso, finora, realizzato?
Ci piace credere che questo sia il Natale della rinascita, ma temiamo, per davvero, che il percorso auspicato sia solo, forse, agli inizi.
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