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dal sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Dario_Fo
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Rosario Pesce
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La morte di un giullare è un evento unico, che dovrebbe determinare non il pianto, ma il sorriso di quanti lo hanno conosciuto ed amato in vita.
Infatti, nella natura di un uomo da spettacolo, esiste una virtù unica, il riso amaro, che dovrebbe sprigionarsi in momenti simili, nei quali troppe persone, che in passato hanno avversato Dario Fo per le sue idee, invece corrono al capezzale, ricordandosi che egli ha dato lustro alla cultura italiana, alla stessa maniera di un altro autore teatrale, che ebbe analoghe onorificenze, come Luigi Pirandello.
È tipico degli Italiani, infatti, musealizzare i propri valori, per cui il povero Fo rischia, dopo la sua morte, di entrare in quel museo delle cere, dove mai avrebbe voluto entrare.
Peraltro, le sue posizioni politiche, sempre in dissenso rispetto all’intellighenzia ufficiale, lo hanno portato, per decenni, ad un isolamento, da cui è uscito solamente dopo aver vinto il Nobel per la letteratura, a dimostrazione del fatto che gli Italiani necessitano, troppo spesso, dei suggerimenti e delle indicazioni, che vengono dall’estero, per meglio apprezzare ciò che hanno in casa.
Eppure, Fo e la moglie, Franca Rame, sono stati lì, hanno combattuto sempre dalla medesima parte della barricata, riuscendo a mettere in scena un teatro, che al tempo stesso era civile, popolare, intriso di una profonda cultura, che non era semplicemente il frutto migliore di un’area regionale, ma era l’espressione più forte di un genius, di una spiritualità, che non dovrebbero conoscere né latitudini, né matrici ideologiche in senso stretto.
La continua ricerca sul linguaggio ha fatto di Fo uno sperimentatore unico, tanto più mirabile, perché attivo in un frangente storico nel quale le Avanguardie avevano cessato la loro funzione, ormai, da tempo.
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