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Duomo di Santa Maria Assunta, una delle principali chiese napoletane
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Tale contaminazione di situazioni, persone, condizioni storiche e psicologiche fa sì che il passato, appunto, non sia mai, da queste parti, un dato acquisito una volta e per sempre e che il presente sia una condizione permanente di chi vive - con fatalismo, ma non con rassegnazione - lo status quo, non sempre fatto delle pur necessarie e giuste gratificazioni sul piano economico, professionale e morale.
La Napoli, vista negli ultimi periodi ed - in particolare - ieri sera, è una città sempre più ospitale verso lo straniero, forse anche perché il turismo europeo è, nettamente, superiore a quello italiano: voci di cittadini francesi, inglesi, tedeschi scandiscono un presente, che è pure il risultato delle dominazioni dei loro progenitori nelle nostre terre, quando Napoli non solo era la capitale morale del Sud d’Italia, ma era quella, economica e politica, dell’intera Europa del Mediterraneo. Oggi, quelle voci, che si possono ascoltare per strada, nelle pizzerie o nei bar rinomati del centro storico del capoluogo campano, costituiscono un trait d’union con il passato della città e dell’intero continente, perché disegnano uno scenario irenico, all’interno del quale si può, ancora, vivere con relativa tranquillità, mentre altrove – il caso francese e quello belga sono, tragicamente, più che evidenti – la vita serena è solo un miraggio, visto che si deve convivere con paure ancestrali, che il terrorismo islamista ha rinfocolato viepiù.
Napoli, fortunatamente, è fuori – almeno da quello che sappiamo – da queste logiche perverse del terrore, forse perché meglio di molte altre realtà europee è stata capace, a modo suo, di realizzare una compiuta integrazione fra cristiani e non-cristiani, fra bianchi e neri, sin dalla Seconda Guerra Mondiale, quando iniziò ad ospitare, subito dopo la sua conclusione, comunità intere di persone di colore, che divennero essenziale parte integrante del tessuto civile, nonostante questo fosse, ampiamente, logorato dalle miserie del Fascismo e degli anni durissimi del conflitto.
La capitale dei Borbone, con il suo splendore, non tornerà più, ma certo è che, a Napoli, si stanno ponendo le premesse per un nuovo Rinascimento: fuor di retorica, un Rinascimento, che nasce non solo dall’esplosione delle arti, che mai sono state sopite da queste parti, ma da una nuova consapevolezza, che avrà origine compiutamente, quando gli Italiani si accorgeranno, finalmente, che obiettivi di convivenza ed integrazione, che altrove sono solo un lontanissimo miraggio, a Napoli sono stati realizzati dall’umanità locale per via istintiva, in verità pre-razionale, ma sicuramente assai efficace ed utile.
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