|
Grande Torre di Babele (1563) di Pieter Bruegel il Vecchio (1526/1530–1569)
|
|
Rosario Pesce
|
|
La nostra società si arricchisce, sempre più, di nuovi fattori di differenza fra gli uomini: un tempo, era l’ideologia a dividere gli esseri umani.
Oggi, finalmente giunti in un tempo post-ideologico, altre sono le differenze che, talora in modo esaltante, talora in modo drammatico, tendono a dividere l’umanità in due o più gruppi.
Innanzitutto, le differenze economiche sono sempre più stridenti, per cui è evidente che, a seguito della crisi economica, divengono marcate le posizioni dei ricchi, sempre più ricchi, a fronte di quelle dei poveri, sempre più poveri, molto spesso ai margini dell’assoluta povertà e, dunque, dell’indigenza più nera.
Una simile differenza è foriera, ineluttabilmente, di molte altre: l’accesso alla ricchezza, infatti, fa sì che anche i diritti, giuridici e sociali, non siano più gli stessi, per cui non tutti possono accedere in egual maniera ai servizi essenziali, quali sono l’istruzione e la sanità.
Il Novecento aveva, almeno in parte, fortemente attenuato tali differenze di ordine economico, per cui, per effetto di opportune politiche, che esaltavano il ruolo dello Stato, si erano venuti a creare degli automatismi, che consentivano ampiamente di ridurre il divario, altrimenti drammatico, fra i due vertici della società, i ricchissimi e gli indigenti, appunto.
Oggi, invece, in tempi di liberismo dominante, lo Stato non ha più gli strumenti finanziari necessari per attenuare tali discrasie, per cui gli ultimi due decenni hanno visto crescere, oltre ogni pessimistica previsione, il gap fra gli ambienti più diversi della società, arrivando in alcuni Paesi d’Europa, come la Grecia, a prefigurare le condizioni di un vero e proprio conflitto di classe, che rappresenta per un verso l’effetto, per altro la causa del default dello Stato ellenico.
Alle differenze di ordine materiale, si aggiungono quelle di ordine culturale e razziale, che sono invece, almeno in teoria, un fattore mirabilmente arricchente della società, visto che, dalla fine del secolo scorso in poi e con un’accelerazione straordinaria nel corso dell’ultimo decennio, il nostro consesso sociale europeo si è venuto arricchendo della presenza di migranti, asiatici ed africani, che portano con sé la diversità del proprio colore della pelle ed, in particolare, la diversità della propria religione, che rappresenta il loro principale biglietto di presentazione, visto che si tratta, in moltissimi casi, di popolazioni di religione islamica, che accedono in un’area del mondo dove il principale credo è, chiaramente, quello cristiano, poco importa se di affiliazione cattolica ovvero protestante.
L’integrazione di questi nuovi cittadini europei rappresenta la scommessa più dura da vincere per il prossimo ventennio, dal momento che essi giungono in terre che sono state colpite dalla crisi finanziaria dell’inizio del nuovo millennio, per cui, in tali condizioni, l’accoglienza non può che essere problematica, perché ineluttabilmente, laddove c’è miseria, sorgono molto spesso forme moderne di conflitto permanente fra i poveri, che abbassano notevolmente la qualità dell’integrazione, impedendone talora la sua concreta realizzazione.
|
|