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domenica, 21 febbraio 2016 14:38 |
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Rosario Pesce
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È evidente che il caso della legge Cirinnà pone un problema politico all'attuale maggioranza di Governo: per quanto lo si voglia risolvere, facendo ricorso alla libertà di coscienza sulle materie eticamente sensibili, appare lapalissiano che lo stimolo, offerto dalla proposta di legge della parlamentare del PD, non è stato accolto, neanche, dai deputati del suo stesso partito, che molto probabilmente voteranno un dispositivo legislativo molto meno ambizioso di quello, inizialmente, partorito dalle parti di Largo Nazareno.
Altresì, la disputa delle ultime settimane fra il Presidente del Consiglio e gli organismi comunitari europei, invero, non ha giovato per nulla alla salute dell'Esecutivo: non possiamo dimenticare che, nel 2011, il Governo Berlusconi crollò per effetto di una manovra, che era partita appunto da Bruxelles.
Oggi, la situazione è diversa da cinque anni fa, perché l'Italia non versa in analoghe condizioni finanziarie, ma è chiaro che, se l'Europa dovesse imporre al nostro Paese un'ennesima manovra di rientro del debito molto robusta, Renzi non potrebbe non andare in seria difficoltà, perché dovrebbe inevitabilmente mettere le mani, assai pesantemente, nelle tasche dei contribuenti italiani, ai quali dovrebbe togliere altri servizi ovvero dovrebbe imporre loro tasse e balzelli.
Inoltre, è ovvio che le prossime elezioni amministrative saranno un test nazionale di fondamentale importanza, visto che si voterà nelle città più grandi del Paese, da Roma a Napoli, da Milano a Torino, con milioni di Italiani che andranno a scegliere il loro Sindaco per i prossimi cinque anni.
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In una cornice siffatta, non può non avere il suo peso la vicenda referendaria, che il buon Renzi ha politicizzato in maniera molto ridondante, dal momento che ha legato, a questa, l'esito stesso del suo Dicastero, costituendo così una premessa essenziale per i futuri sviluppi delle dinamiche correntizie all'interno del suo partito e di quelli che sostengono l'Esecutivo.
In una situazione siffatta, finanche lo scandalo della Banca Etruria perde forza: se cadrà il Governo, ciò avverrà per cause intimamente politiche, per cui, in nessun modo, potrà incidere la vicenda giudiziaria sopramenzionata.
A maggior ragione, se Renzi fosse stato un po’ più saggio, molto probabilmente ora non avrebbe avuto tanti nemici pronti a sparargli addosso, in primis tutti i Premier del passato, da D'Alema a Berlusconi, da Monti a Letta e Prodi, a dimostrazione del fatto che il fenomeno del renzismo non è mai entrato del tutto nel cuore e nelle menti di quanti, da decenni, nel bene e nel male, sono la società politica del Paese.
Non possiamo che attendere l'evoluzione del quadro odierno, ben sapendo che un'eventuale crisi di Governo non aprirebbe le porte al voto anticipato sic et simpliciter, ma sarebbe la migliore premessa per un rimpasto ed una ridefinizione degli equilibri di potere, sia all'interno del PD, che dei partiti che, un tempo, costituivano l'ipotesi di maggioranza parlamentare voluta da Bersani, subito dopo il voto della primavera del 2013.
Frattanto, Grillo e la Lega, al netto degli scandali giudiziari, che interessano finanche i loro movimenti, sono pronti, forse, a marciare in modo inquietante su Roma?
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