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Negli ultimi giorni, i toni si sono - ulteriormente - infervorati, per cui è divenuta centrale la questione dei cosiddetti “impresentabili” sul piano dell’etica politica, cioè di tutti quei candidati, disseminati nelle liste di Destra come di Sinistra, che, pur essendo eleggibili, risultano comunque presenti in procedimenti penali – tuttora – aperti, anche per reati non legati immediatamente alla grande criminalità organizzata.
In tal senso, i temi autentici della campagna per le Regionali si sono dissolti in polemiche, che poco o nulla ineriscono alla materia, intrinsecamente, afferente al voto della prossima domenica.
Un siffatto esito della campagna elettorale nasce, in verità, dal grande disagio che, oggi, serpeggia nella popolazione italiana, che, costretta a combattere con le ragioni della sopravvivenza, si sente tradita da una classe dirigente, che non riesce a comprendere a pieno il suo dramma. È inevitabile, quindi, che la valenza delle elezioni di domenica vada ben oltre il significato strettamente istituzionale, che esse pure hanno: si voterà pro o contro il Governo in carica e, nonostante in molte Regioni sia previsto il voto disgiunto, la parte della popolazione, che carica maggiormente di significati emotivi la competizione del 31 maggio, non è affatto interessata alla prospettiva di poter separare il voto per il Consiglio da quello per la Giunta.
Non sappiamo come andrà a finire, né osiamo fare previsioni, che potrebbero essere smentite lunedì pomeriggio: certo è che la stessa indecisione, mostrata dal Premier che, un mese fa, prevedeva una sua vittoria in tutte le Regioni, mentre, nei giorni scorsi, più mestamente si dichiarava contento in caso di successo nelle sole realtà tradizionalmente legate al PD, fa intuire quanto il Presidente del Consiglio tema il voto regionale, ben sapendo che, se non dovessero realizzarsi gli auspici da lui espressi, potrebbe il suo Governo entrare in una crisi senza via d’uscita.
Forse, Renzi andrà incontro al medesimo destino di D’Alema, quando, nel 2000, dopo aver investito moltissime energie nella campagna per le Regionali, fu costretto alle dimissioni per la cocente sconfitta elettorale, che segnava la bocciatura del suo Governo, nato due anni prima?
Peraltro, il Governo D’Alema presentava il medesimo vizio d’origine di quello renziano: nessuno dei due era stato eletto dai cittadini, ma entrambi nascono da operazioni parlamentari, che mai hanno ricevuto la formale approvazione popolare.
In attesa dei risultati di lunedì pomeriggio, non possiamo, allora, che auspicare il rasserenamento del clima, perché – chiunque vinca – è opportuno che il Paese non si sgretoli sotto i colpi del pur legittimo dissenso civile, a cui una risposta dovrà pure fornire chi, in una simile contingenza, si assumerà l’onere della guida di Regioni tanto importanti, quanto vitali negli equilibri generali dello Stato.
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