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Rosario Pesce
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La corruzione è, certamente, il male del secolo, che rende la società italiana invisa agli Europei, visto che il tasso di corruttela si attesta al livello dei Paesi del Terzo Mondo, nonostante si verifichi un controllo molto forte da parte degli organismi giudiziari e della grande stampa, che è sempre pronta ad accendere le luci della ribalta sugli episodi più incresciosi, che si verificano, ininterrottamente, sin dai tempi di Tangentopoli.
I due fatti fondamentali della giornata di ieri sono, indubbiamente, rappresentati dalla visita di Papa Bergoglio a Napoli e dalla manifestazione dell’Associazione Libera a Bologna: in entrambi i casi, il tema centrale degli eventi è stato quello della lotta alla corruzione, visto che - come ben sappiamo - sia il Pontefice, che don Ciotti sono due personalità che hanno speso una parte importante della loro esistenza – rispettivamente, in Argentina ed in Italia – nel contrasto al crimine organizzato.
Orbene, le graduatorie, stilate da importantissimi organismi internazionali, hanno dimostrato come una parte significativa del PIL del nostro Paese venga erosa dai fenomeni di corruzione, che costituiscono il principale freno inibitore per la crescita e lo sviluppo, tanto più in un momento storico – come quello odierno – nel quale la crisi, di per sé, non agevola - certo - né i consumi, né la ridistribuzione delle ricchezze.
Si credeva, dopo i fatti di Tangentopoli, che l’Italia avesse sviluppato il necessario sistema immunitario, utile allo scopo di evitare di ricadere in atteggiamenti, gravemente, lesivi della moralità pubblica, oltreché dei precari conti dello Stato.
Purtroppo, a distanza di venti anni, le cose non solo non sono cambiate nel senso desiderato, ma sembra che siano, finanche, peggiorate: infatti, nel biennio 1992/94, la corruzione creò un fortissimo allarme sociale, in virtù del quale politici di peso e grandissimi imprenditori o dovettero abbandonare la loro carriera, fino ad allora luminosa, o - peggio ancora - si suicidarono, perché non ressero allo stress derivante dalle continue pressioni operate dalla stampa nazionale ed internazionale.
Oggi, invece, il medesimo livello di allerta non è affatto presente, per cui - contrariamente a venti anni fa - gli interventi giudiziari, volti a fare pulizia, non sempre ricevono lo stesso gradimento popolare dell’epoca, sicché i giudici ed i poliziotti si trovano ad operare - talora - in un clima di diffusa complicità ambientale, che può contribuire a lasciare impuniti chi commette reati, che determinano un altissimo costo sociale e finanziario.
Cosa fare, allora, per sensibilizzare i cittadini e per creare, così, quelle giuste condizioni, che dovrebbero rappresentare un elemento di freno per atteggiamenti, che rischiano - altrimenti - di superare una soglia, socialmente, accettabile?
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