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Caravaggio, Incredulità di san Tommaso, 1600-160, Olio su tela, 107 x 146 cm, Potsdam, Bildergalerie
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Rosario Pesce
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La Pasqua, che ci stiamo apprestando a vivere, non può che essere diversa da tutte le altre, analogamente a quella dello scorso anno.
È la seconda Pasqua che la comunità mondiale vive in pieno Covid: nell’arco di dodici mesi, infatti, molte cose sono accadute, ma purtroppo il terribile virus non ci ha abbandonati e continua a mietere vittime in modo continuo ed incessante.
I sentimenti non possono che essere i più diversi, se non contraddittori: da una parte, la speranza che il mondo possa uscirne a breve; dall’altra, lo scoramento ineluttabile per quanti, tuttora, perdono la vita in assoluta solitudine, lontani dagli affetti familiari e dalle cose più care della propria vita.
È ovvio che, a tal riguardo, le domande non mancano.
Quando ne usciremo in modo definitivo?
Sarà questa l’ultima Pasqua che siamo costretti a vivere con limitazioni alla mobilità ed alle nostre libertà individuali?
Potrà, finalmente, cominciare a breve il dopo-pandemia, così da consentire alla società ed all’economia di riprendere i propri ritmi naturali?
Molti sono i dubbi, ma la festività cristiana della Resurrezione non può che insegnare a tutti a vedere una prospettiva di uscita in fondo al tunnel: per quanto sia faticosa, la costruzione del futuro avviene attraverso piccoli passi in avanti, che devono portarci a coronare l’obiettivo in un tempo ragionevole per il soddisfacimento dei legittimi bisogni e delle aspettative naturali dell’umanità.
Ed, in attesa che si compia il passo decisivo verso l’uscita dalla crisi sanitaria, non possiamo che venerare il Cristo risorto, icona - per tutto il mondo - della sublimazione trascendente del dolore e della passione terrena.
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