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San Sebastiano supplica Cristo per la vita di un becchino afflitto dalla peste (Josse Lieferinxe, c. 1497–99)
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Rosario Pesce
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La politica, l’arte, l’economia, ogni momento di vita sociale, che noi abbiamo la fortuna di vivere, deve realizzare una visione dell’uomo, certo una visione dinamica ed innovativa, non statica e monolitica.
In questi mesi, che abbiamo alle nostre spalle, nel corso dei quali abbiamo dovuto fronteggiare il pericolo del Covid, in non pochi momenti abbiamo avuto la percezione che una vera e propria visione del problema non ci sia stata, per cui molte volte, fin troppe volte, si è proceduto in ordine sparso.
Gli alibi e le scusanti, ovviamente, non mancano.
La pandemia ha colpito l’Europa cento anni dopo circa l’ultimo evento analogo, quello della febbre spagnola, per cui è evidente che, almeno nei mesi iniziali della crisi, ci sia stata molta incertezza.
Peraltro, gli stessi medici, a tutt’oggi, non hanno un quadro completo della patologia, per cui non solo non si conosce una terapia standard, ma finanche intorno al vaccino i dubbi - invero - non mancano.
Inoltre, si sa bene come, nelle moderne democrazie, gli assetti costituzionali prevedono sovente dei meccanismi di bilanciamento dei poteri, che talvolta possono condurre i governi nazionali e quelli regionali in direzioni diverse, se non manifestamente contrastanti l’una con l’altra.
Ed, allora, venendo meno il necessario coordinamento di competenze e poteri, ineluttabilmente diviene difficile marciare in un unico verso, per cui l’identità di una visione diviene un feticcio.
Si procede a tentoni; una volta in una direzione per soddisfare un interesse, un’altra volta in quella opposta, per non mortificare del tutto l’interesse opposto, ma la direzione vera e propria non c’è.
È, questo, un difetto italico: a volte, per tenere tutti insieme, chi dovrebbe indicare un orientamento di fondo, non lo fa per evitare di guadagnare dissensi e malcontenti, ma è fin troppo ovvio che, procedendo in questo modo, non si giunge a nessun risultato utile per un’intera comunità, che invece attende il concretizzarsi della visione risolutiva, purché la stessa sia organica e mostri l’intelligenza e l’acume che l’ha inspirata.
E, così, anche ai tempi del Covid in parte si è fatto: la comunità scientifica divisa su molti aspetti essenziali; i politici costretti a rincorrere questo o quell’aspetto unilaterale del problema; la pubblica opinione disorientata come mai in precedenza.
Ed, allora, si inizi a ragionare come identità collettiva e non come singola monade, perché il Paese, le comunità locali, le persone attendono una soluzione alla complessa vicenda, che ne è derivata, che ci consenta la via d’uscita sanitaria e quella socio-economica alla crisi più importante dell’ultimo secolo, possibilmente in tempi stretti.
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