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Rosario Pesce
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Quella cui stiamo assistendo, in questi primi giorni di Fase2, è una ripresa molto lenta.
Molti esercizi commerciali non hanno ancora aperto, mentre quelli che hanno già alzato le serrande stanno incontrando molte difficoltà, che erano ampiamente prevedibili prima dell’inizio di questa nuova contingenza storica.
È evidente che il ritorno alla normalità pre-covid sarà un miraggio nei prossimi mesi, perché, fino a quando il pericolo del contagio non sarà del tutto eliminato per effetto del vaccino, mai le cose potranno tornare ai precedenti parametri di normalità.
Saranno necessari mesi o anni?
È una domanda a cui nessuno, ora, può fornire una risposta.
E, finanche quando per effetto del vaccino o di cure efficaci il pericolo di morte non ci sarà più, è chiaro che la psiche sarà predominante, per cui le paure prenderanno il sopravvento e molti di noi continueranno ad essere distanti dal prossimo.
I bar, i ristoranti, il turismo, le attività che necessitano di coinvolgimento sociale per essere proficue saranno quelle maggiormente colpite e non sappiamo, invero, quanti nei prossimi mesi saranno costretti a chiudere il proprio esercizio commerciale perché i costi saranno superiori agli introiti.
Chi ha una posizione di forza economica riuscirà, comunque, a sopportare il colpo inferto, ma molte piccole attività, che erano nate con entusiasmo nei mesi antecedenti al Covid, ineluttabilmente saranno costrette ad interrompere la propria vita, senza alcuna prospettiva per il futuro.
E, questo elemento, non può che determinare il nostro dispiacere, oltreché un sentimento di paura.
La società sarà costretta a trovare un nuovo equilibrio, se vorrà andare avanti.
Altrimenti, i momenti tristi, come quelli del Novecento dopo i due conflitti mondiali, prenderanno il sopravvento ed, ineluttabilmente, si verificherà una fase di contrazione dei consumi e della socialità che non farà bene a nessuna comunità.
Forse, solo un miracolo potrà salvarci?
O, forse, si apre una fase storica che dobbiamo imparare a gestire bene, se non vogliamo soccombere?
Certo è che solo il sentimento di appartenenza potrà salvarci, ma anche quello - oggi - appare carente.
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