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Rosario Pesce
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La notizia della grave malattia, che ha colpito il notissimo allenatore del Bologna, ha sconvolto la pubblica opinione, visto in particolare il grandissimo coraggio del mister della società felsinea, che ha ammesso dinnanzi alle telecamere - con grandissima sincerità - di soffrire di un morbo serissimo, qual è appunto la leucemia.
È stata la conferenza stampa, che ha visto come protagonisti i vertici del Bologna, un momento di autentica verità, in occasione del quale un campionissimo del nostro calcio, noto per il suo coraggio e per la sua straordinaria forza morale, ha ammesso di essere un uomo come gli altri e di avere le fragilità di tutti noi, in primis la paura per la morte che non può non colpire una persona giovane a cui viene diagnosticata una malattia che, molto spesso, è mortale.
È stata una forma di umanizzazione autentica dello sport: il campione che, con coraggio, affronta in maniera titanica la partita più importante della sua vita, quella contro un morbo sordido ed inquietante.
Non possiamo che augurare una prontissima guarigione a Sinisa, come a tutti coloro che soffrono di malattie analoghe e che non hanno la ribalta di un palcoscenico così grande, qual è quello del calcio, per raccontarsi e per narrarsi come di fronte ad uno specchio.
D’altronde, la forza che ha spinto il mister bolognese a sfidare la leucemia non può che essere un motivo di vita per tutti coloro che, nei letti di ospedale o delle proprie case, si trovano a combattere per la vita, pur essendo consapevoli che sono, comunque, condannati ad una vita breve e grama.
Lo sport è vita per definizione e, come tale, deve essere vissuto come motivo di compattezza e di solidarietà sociale, finanche, in casi simili.
Sono sempre più numerosi i calciatori che vengono colpiti, giovanissimi, da malattie molto gravi: non più tardi di qualche mese fa, un altro campione, come Vialli, peraltro compagno di squadra del mister bolognese ai tempi della Sampdoria, ha raccontato la sua battaglia contro il tumore, che peraltro è ancora in essere, visto che non è guarito del tutto.
Forse, gli uomini di sport saranno un modello per noi tutti?
Forse, la molla e la spinta, che le loro parole di fronte al dramma sono in grado di produrre, potranno salvare vite umane?
Certo è che siamo uomini fatti della stessa materia e di fronte alla morte – o alla semplice prefigurazione della stessa – agisce una livella, proprio come quella della poesia di Totò, che ci rende tutti uguali, anche nell’espressione dei sentimenti più tragici e drammatici.
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