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Rosario Pesce
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Le prime settimane di questo assolato mese di giugno sono particolarmente interessate da un fenomeno sociale che diviene sempre più ampio: il calcio femminile.
Complice, infatti, una competizione internazionale che viene trasmessa dalle televisioni, il calcio delle donne riesce ad attrarre interessi ed entusiasmi che, fino a poco tempo fa, erano impensabili.
Ma, quali sono i motivi che spingono tanti Italiani a guardare le partite delle nostre nuove eroine nazionali?
Certo, il calcio femminile esprime un livello tecnico minore rispetto a quello maschile, ma lo standard agonistico non ha nulla da invidiare a quello del calcio più noto ed economicamente più ricco.
Forse, le fortune del calcio femminile sono indotte dall’allontanamento dei tifosi dal calcio maschile che si sta consumando, ormai, da qualche anno?
Forse, le donne – che sono già protagoniste nella società in posti di responsabilità – stanno sostituendo nell’immaginario collettivo Ronaldo e Messi, anche per l’empatia che inducono sul piano strettamente sportivo?
È ovvio che la copertura televisiva degli eventi non può che facilitare un ulteriore avvicinamento al calcio femminile da parte della pubblica opinione ed è chiaro che un simile successo non può che contribuire ancora di più a favorire l’emancipazione del gentil sesso, che così viene parificato al sesso forte, finanche, in quello che era lo sport maschile per antonomasia.
Forse, per tal via, si compirà l’ultimo necessario passaggio per la definitiva parità fra uomini e donne?
Forse, il calcio riuscirà a fare ciò che, neanche, molti decenni di lotte del movimento femminista sono stati in grado di produrre?
Certo è che lo sport è la cartina di tornasole di un intero Paese ed, in tal senso, ciò che il calcio femminile rappresenta, anche oltre il mero rettangolo di gioco, non può che far piacere a chi ha sempre creduto che la differenza di genere è un’opportunità e non un segno di inferiorità di una parte verso l’altra.
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