|
|
Rosario Pesce
|
|
È difficile dare un sincero augurio di buon Natale, quando intorno a noi si avvertono i segni di una crisi economica e sociale, invero, profonda.
È, finanche, tornato in molte regioni del Sud il triste fenomeno migratorio, per cui moltissimi giovani lasciano le loro terre di origine per trasferirsi altrove, alla ricerca di un lavoro dignitoso, che potrà dare loro un po’ di serenità.
Peraltro, mancano certezze in molti settori.
Solo la religione è punto di riferimento certo e saldo, per cui moltissimi Italiani, nel corso degli ultimi anni, hanno scoperto il valore dell’incontro di fede, a dimostrazione del fatto che il Trascendente e la sua ricerca si impongono tanto più laddove vi è assenza di ideali laici supportati dalla testimonianza.
Inoltre, risulta difficile, in un simile contesto, poter fornire un messaggio di pace, che sia corroborato dalla forza e dall’autenticità.
Infatti, il conflitto sembra essere divenuto il segno permanente della nostra società.
Contenziosi, guerre permanenti sono il segnale più evidente di una società che rischia di percorrere, fin troppo velocemente, il crinale della crisi e di una decrescita, che felice non può essere.
Si sono costruiti nel corso degli anni degli idoli, che ora hanno dimostrato tutta la loro fragilità, per cui siffatti idoli vanno sostituiti con la presenza di un valore assoluto più credibile ed autorevole.
Ma, può la sola religione - e la conseguente ricerca di Dio - fornire un senso di pace a quanti ne hanno bisogno per davvero?
È ovvio che non può bastare da sola, ma è necessario che si costruisca una dimensione terrena migliore e più gratificante per tutti, perché possa così migliorare la condizione di vita di migliaia di individui, che altrimenti sono condannati alla marginalità ed all’eversione.
Per tutti questi motivi, il Natale 2018 non può che prefigurare un mondo migliore di quello odierno: altrimenti, rischia di venir meno l’idea stessa su cui l’Occidente si è costruito nel corso degli ultimi due millenni di storia.
|
|