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Louis Le Nain, il pittore dei poveri (1593 – Parigi, 23 maggio 1648), Interno contadino, 1645 c. - National Gallery of Art - Washington
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Rosario Pesce
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Il tema della povertà non può che essere, oggi, il più discusso, visto che si tratta di un fenomeno sempre più ampio, serio ed articolato.
Le povertà sono molte e si manifestano in forme non sempre convergenti.
La povertà è, infatti, il frutto di più condizioni: dalla disoccupazione alla sottoccupazione, da condizioni strutturali dell’economia a momenti contingenti.
È evidente che, subito dopo l’inizio del nuovo millennio, il crollo del mercato finanziario statunitense ha creato le precondizioni per una difficoltà diffusa, tanto più accentuata dal fatto che, per effetto della globalizzazione, molte produzioni erano state già trasferite in altre parti del mondo, dove i costi fiscali e della manodopera sono molto inferiori.
Peraltro, la stessa globalizzazione ha generato un fenomeno ulteriore, che cagiona disagio: i processi migratori che spingono migliaia di diseredati verso le sponde dell’Europa, speranzosi di uscire dalla miseria assoluta dell’Africa e di alcune regioni dell’Asia, per cui ai vecchi poveri si aggiungono i nuovi, che conoscono gli aspetti - per davvero - deteriori del fenomeno pauperistico.
Si genera, così, una guerra fra poveri, che in termini sociali e politici è l’elemento più inquietante, perché, se viene sobillata ad arte da chi ha interessi di natura elettoralistica, può determinare un conflitto permanente, che non fa bene a nessuno.
Cosa fare, allora, contro la povertà?
Nessuno ha la soluzione in tasca, anche perché tutti sanno bene che il sistema capitalistico si costruisce, in modo strutturale, sulla disparità di risorse fra gli uomini, ma finora nessun altro sistema, politico ed economico, è stato in grado di correggere il limite del capitalismo finanziario, tutelando ad un tempo sia i bisogni, che le giuste e legittime aspirazioni alla libertà, che sono al vertice delle aspirazioni umane.
Le soluzioni, che i vari Governi nazionali possono mettere in piedi, sono solo transeunti e rappresentano una goccia in un oceano, visto che, per lo più, sono azioni all’impronta dell’assistenzialismo, ma non sono in grado di rimuovere alla radice le ragioni della povertà.
Reddito di cittadinanza e/o di inclusione ed elargizione di servizi pubblici su larga scala, cioè i tratti salienti delle politiche sociali che sono state dispiegate in questi anni, sono al momento solo un pannicello caldo rispetto ad un male che è un autentico mare magnum.
Forse, bisogna sperare in un mutamento epocale dell’economia, che non dipende dalle decisioni del legislatore?
O, forse, bisogna prendere atto del fallimento delle politiche demografiche, che sono state condotte, in particolare, in alcune regioni del mondo?
Certo è che si è salutato il secondo millennio, sperando di creare un mondo migliore, ed invece le premesse del nuovo secolo sembrano ben peggiori delle conclusioni, pur non felici, del Novecento.
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