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Rosario Pesce
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Diciamolo con franchezza: abbiamo il Paese fra i più belli al mondo e, sovente, non conosciamo neanche le ricchezze culturali che possediamo.
Andare in giro per l’Italia, infatti, è un utile esercizio, non solo per la conoscenza dei siti e dei luoghi di arte, di cui la penisola trabocca.
È utilissimo e prezioso il viaggio, in quanto diviene mezzo e modo per conoscere fette di umanità ben differenti l’una dall’altra, perché, per quanto ci sforziamo di essere un unico Paese da oltre centocinquant’anni, è evidente che le diversità dalle Alpi alla Sicilia permangono tuttora e sono un fattore di ricchezza e non di povertà per una popolazione, come la nostra, che ha conosciuto la dominazione da parte di diversi popoli stranieri, che non sempre sono venuti da noi con spirito di armonia ed in pace.
Per tutte le ricchezze storico-artistiche ed ambientali, di cui siamo in possesso, bisognerebbe ipotizzare un piano di recupero importante e significativo, che possa essere in grado di restituire l’antico splendore a ciò che, oggi, non sempre riluce in modo pieno.
Una cattedrale, un edificio gentilizio, un monumento, semplicemente un luogo naturalistico non solo sono delle piccole oasi, che ci consentono di vivere in armonia, ma sono il fattore identitario di popolazioni che, in quelle tracce del passaggio di precedenti generazioni, sono in grado di ritrovare una parte essenziale del proprio essere e delle stratificazioni - culturali e morali - grazie alle quali si è costruito il presente.
In tal senso, la bell’Italia è, anche, sinonimo di buona Italia, perché da questa si deve ripartire per ricostruire una comunità, che ha conosciuto forse troppi strappi e lacerazioni, che ne hanno minato la possibilità di sviluppo e di crescita.
Saremo in grado, in quanto comunità nazionale, di vincere l’ennesima sfida per un futuro, finalmente, migliore del presente?
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