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Rosario Pesce
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Quella che stiamo vivendo è un’estate rovente, non certo per ragioni climatiche, visto che abbiamo conosciute stagioni ben più calde.
È rovente, in particolare, per la tragedia senza fine che si sta consumando nel Mediterraneo, con tutti quei barconi di emigranti che, molto spesso, non riescono ad arrivare in Europa e perdono la vita a poche miglia marittime dalle coste italiane o greche o spagnole.
Il conteggio di tali morti è sempre in fase di aggiornamento, visto che i lutti si riproducono in modo assai frequente, pressoché giornaliero.
A fronte di un simile dramma umanitario, l’Europa non è stata in grado, finora, di fissare delle quote e di decidere, quindi, la ripartizione di tali immigrati, visto che l’Italia, in particolare, li può invero ricevere, ma non ospitare, se non entro limiti numerici stabiliti a livello comunitario.
È ovvio che, fino a quando non saranno fissate simili cifre, i Paesi del nostro continente continueranno in atteggiamenti all’insegna dell’egoismo, che non fanno bene né all’Europa, né ai singoli Stati.
Certo, qualcuno potrà acquisire facili consensi, sfruttando le ansie e le paure per gli extracomunitari, ma si tratta di atteggiamenti che hanno scarso respiro, perché, nel medio-lungo termine, ineluttabilmente l’Europa porterà il conto e ciascun Paese dovrà necessariamente fare la sua onesta parte nell’opera di accoglienza e di integrazione di queste persone, che scappano dalla miseria e dalle torture cui sono sottoposte nelle loro terre di origine.
Ma, quando l’Europa sarà in grado di dare una svolta ad un simile problema?
Per quanto tempo, ancora, bisognerà assistere a chi si fa la campagna elettorale, vantandosi di aver chiuso i porti e di non aver fatto entrare i barconi?
In verità, si poteva auspicare che, agli inizi del XXI secolo, le lezioni del passato fossero divenute efficaci, ma purtroppo bisogna constatare che, se nel Novecento si è sbagliato talora, oggi si continua a percorrere strade fallaci e fuorvianti.
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