|
Foto: http://iljournal.today/author/red/
|
|
Purtroppo, ci troviamo a vivere giorni, invece, molto tristi, perché dobbiamo essere coscienti che un qualsiasi gruppo islamista può organizzare attentati a Roma, come a Napoli o a Milano; inoltre, non possiamo, certo, dimenticare che la sponda mediterranea della Libia può essere usata per il lancio di missili contro il nostro territorio nazionale, vista la distanza marittima irrisoria, esistente fra le nostre coste e quelle - appunto - libiche.
Siamo, quindi, obiettivo dei jihadisti e potremmo conoscere la violenza, che, in altre parti d’Europa, i terroristi islamici hanno già diffuso a piene mani.
Mai, l’Italia si era trovata in una siffatta condizione di difficoltà: pertanto, dal momento che non abbiamo la forza politica per condizionare le decisioni dell’Unione, come si è visto in molte vicende, occorse nelle ultime settimane, sarebbe auspicabile che il nostro Governo si faccia promotore di una propria iniziativa diplomatica presso le autorità arabe non islamiste, allo scopo di tutelare - anche con il loro sostegno - i nostri interessi fuori dai confini nazionali e l’integrità delle nostre città, per evitare che qualche folle suicida possa organizzare fatti drammatici e violenti nelle affollate strade italiane.
Forse, la diplomazia dovrebbe tornare agli splendori degli anni ’70 ed ’80 del secolo scorso, quando l’allora potente Ministro degli Esteri, Giulio Andreotti, era in grado di dialogare con gli Americani, ma al tempo stesso – in modo indipendente dagli alleati europei ed atlantici – era capace di costruire un autonomo rapporto con gli Arabi, che ci ha preservato dagli attentati, che invece sono avvenuti, frattanto, in modo copioso in Inghilterra o in Francia o nel Nord-Europa?
Molto probabilmente, da quando si è realizzato il processo di unificazione, monetaria ed economica, dell’Europa, le nostre posizioni si sono sin troppo schiacciate su quelle dettate dagli interessi degli alleati più potenti. E' ben noto che, ad esempio, l’eliminazione di Gheddafi, ai tempi del dicastero Berlusconi, fu voluta fortemente dalla Francia di Sarkozy, allo scopo di mettere le mani sui contratti della compagnia petrolifera dello Stato libico (la Tamoil) e di ridimensionare, pertanto, la vastità dei nostri scambi commerciali con il vicino arabo.
È venuto, forse, il momento di agire contestualmente entro lo schema dell’alleanza occidentale, ma anche di tornare ad essere un punto di riferimento virtuoso per quanti non vogliono appiattirsi sulle posizioni di Francia e Germania, ben sapendo che i due Paesi più forti d’Europa perseguono legittimi interessi nazionali, che non coincidono, sempre, con i nostri?
D’altronde, la storia del colonialismo francese nel Nord-Africa è ben diversa dalla nostra, visto che noi, in quelle terre, siamo arrivati molti decenni dopo la Francia e, soprattutto, fummo costretti ad accontentarci dei possedimenti coloniali rifiutati dai Francesi.
Oggi, a maggior ragione, non possiamo limitarci ad essere guidati da altri, ma dovremmo recuperare quello spirito autonomistico - pur nel quadro delle alleanze esistenti - che ci ha sempre consentito di essere interlocutori di chi voleva dialogare con una voce occidentale differente da quella di Parigi o Londra o Berlino o Washington.
Ne saremo capaci?
Soprattutto, la leadership renziana, così forte in Italia, saprà essere altrettanto autorevole in Europa o dovremo, ancora una volta, assistere a trattative – come quelle di Minsk per l’Ucraina – condotte e realizzate da Germania e Francia, in nome e per conto dell’intero continente, in assenza dei rappresentanti formali degli organismi competenti dell’Unione?
|
|