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domenica, 08 febbraio 2015 12:14 |
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Rosario Pesce
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La crisi ucraina è un fatto di non secondaria importanza, non solo per le conseguenze militari, che si possono innescare sullo scenario continentale, ma per la valenza politica, che essa assume, giorno dopo giorno.
È chiaro, infatti, che l’Unione Europea sta dimostrando la sua impotenza di fronte a fatti gravissimi, che avrebbero richiesto un intervento con una tempistica ben diversa rispetto a quella, finora, messa in essere.
Pezzo dopo pezzo, la Russia di Putin ha divorato il piccolo Stato confinante, allo scopo di non pagare più a Kiev le royalties, che Mosca riconosceva, per consentire il passaggio del suo gas sul territorio ucraino.
L’eccidio, che le truppe russe stanno consumando, forse non ha paragoni rispetto ad altri, pure, accaduti nella storia recente dei territori ex-sovietici.
Ormai, nessuno può fingere di non capire che progetto di Putin è quello di ricostruire la “Grande Russia”, recuperando gran parte dei territori, che un tempo erano della - defunta - Unione Sovietica.
Infatti, la nascita dell’Unione Europea ha rappresentato uno scacco molto significativo per le aspirazioni di Putin, il quale ha visto ridursi notevolmente lo spazio, su cui i Russi hanno, sempre, nutrito aspirazioni di conquista coloniale.
Le Repubbliche Baltiche, ad esempio, sono parte integrante dell’UE, per cui Mosca non ha alcuna speranza di riconquistarle, così come fece nel corso degli anni Trenta del secolo scorso, spartendosele con il Nazismo, che allora nasceva.
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La fila per ricevere aiuti umanitari. Dominique Faget, Afp
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Pertanto, le mire espansionistiche dei Russi si sono rivolte verso i Paesi posizionati ad Ovest, che - come l’Ucraina - costituiscono snodi importanti per i traffici commerciali.
La guerra russo-ucraina non è una realtà, solo, odierna: le intenzioni di Mosca erano chiare, almeno, da un anno, ma l’Europa è intervenuta molto debolmente, consentendo ai Russi di individuare accuratamente i territori, su cui desiderano esercitare la loro azione colonizzatrice.
Negli ultimi giorni, la situazione si è molto aggravata, perché gli Stati Uniti hanno deciso, in modo unilaterale, non solo di alimentare la resistenza ucraina, ma soprattutto di prefigurare un loro impegno diretto, mirato a ridurre sempre più l’espansionismo russo.
Se dovesse esserci un intervento militare degli Usa e, dunque della Nato, questo sancirebbe la più grave sconfitta politica per l’Europa, che di fatto sarebbe invasa dagli aerei e dai mezzi militari americani, i quali non solo avrebbero il compito di riportare i confini dell’Ucraina alla condizione prima della crisi, ma inevitabilmente segnerebbero il primato statunitense sul vecchio continente, come subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando l’Occidente era pieno di basi militari statunitensi ed erano i soldati americani i garanti autentici dell’ordine internazionale.
Evidentemente, sulla crisi ucraina si paga un prezzo altissimo: l’Europa è un’area di libero scambio commerciale, ha una sola moneta, ma non è, tuttora, una soggettività politico-istituzionale degna di tal nome, per cui, ineluttabilmente, la sua voce non è credibile, quando tenta di alzarsi su questioni di rilevante livello internazionale, come questa dell’aggressione russa. Non è un caso se, nei giorni scorsi, a trattare con Putin siano andati il Cancelliere tedesco ed il Presidente francese e non il Presidente della Commissione Europea, a dimostrazione del fatto che gli organismi comunitari sono, ancora, debolissimi rispetto alla forza dei singoli Stati, che sono sicuramente prorompenti rispetto all’Unione nel suo complesso.
D’altronde, i due Stati, che sono andati a trattare con il Presidente russo, hanno una loro storia particolarmente interessante, che impedisce di fatto il raggiungimento di qualsiasi credibile accordo con Putin.
La Francia ha avuto, tradizionalmente, rapporti diplomatici intensi con i Russi nel corso del XX secolo, per cui la voce di Hollande non può, invero, risultare minacciosa per Putin, che sa bene che il Paese transalpino non può essere l’avversario russo in questa, come in molte altre questioni di essenziale profilo diplomatico.
La Germania, che invece è il principale, se non unico, antagonista europeo della Russia, non può ovviamente far degenerare la condizione odierna, perché sa benissimo che la nascita dell’Unione rappresenta un momento importante della crescita propria, ai danni della stessa Russia, per cui quella, che si sta consumando, è meramente la reazione moscovita all’espansionismo tedesco nelle terre dell’Europa centro-orientale, che, fino alla caduta del Muro di Berlino, erano controllate dai Russi.
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Infatti, come ai tempi del Patto Molotov-Ribbentrop, non può non esserci un tacito accordo di spartizione fra Tedeschi e Russi, che si dividono i territori, che hanno la sfortuna di essere collocati in una terra di mezzo fra Germania e Russia, per cui - a maggior ragione - la visita della Merkel a Putin non può modificare l’ordine creatosi, visto che essi sono - al tempo stesso – antagonisti, ma finanche abilissimi alleati, quando bisogna impedire agli USA di contare troppo nelle vicende europee.
Quale sarà, allora, la conclusione di una tale vicenda?
La Nato interverrà per ripristinare l’ordine internazionale, violato da Putin?
E le altre diplomazie europee quale ruolo stanno giocando nella vicenda, che, fra pochi giorni, potrebbe infiammare il continente intero?
L’Italia, come è noto, ha il Ministro degli Esteri dell’Unione Europea, la Mogherini, per cui sarebbe interessante conoscere come il nostro stesso Governo stia corroborando l’azione del suo rappresentante, visto che la Russia ha - certo - un ruolo importantissimo nel nostro Paese, per cui non mancano relazioni di natura né commerciale, né diplomatica? A nessuno è sfuggito il fatto che, dopo lo strappo della Grecia con le istituzioni bancarie europee, il Governo ellenico ha ricevuto la solidarietà di Mosca, per cui Putin si è offerto, promettendo sostegno finanziario a Tsipras, qualora la BCE dovesse, effettivamente, interrompere la linea di finanziamento alle banche greche. È, questo, il segnale evidente che la Russia ha l’interesse a decostruire il, già, debolissimo e gracilissimo impianto dell’UE, per cui, qualora, l’esempio greco venisse seguito da Spagna o Portogallo o da qualsiasi altro Stato mediterraneo, è ineluttabile che Putin non potrebbe non approfittarne, finanziando di fatto i Paesi, che dovessero segnare una fortissima discontinuità con la Germania e con i vertici di Bruxelles e di Strasburgo.
Pertanto, a maggior ragione, un intervento militare statunitense sarebbe un colpo molto grave all’effettiva unità politica del vecchio continente, perché sancirebbe la sconfitta più rilevante non solo per l’UE, ma per la stessa Germania, che si ritroverebbe l’atavico nemico russo in una posizione di forza ulteriore, visto che esso non potrebbe non raccogliere le simpatie di quegli Stati poveri, dal cui disagio socio-economico avrà inizio la progressiva decomposizione dell’Unione.
Siamo, forse, alla vigilia di un riequilibrio dei rapporti di forza, ad un tempo, fra l’UE ed i soggetti esterni e fra gli stessi Stati, che si trovano al suo interno?
Frattanto, gradiremmo che il nostro Presidente del Consiglio possa dire qualcosa di significativo ed autorevole su una vicenda di tale importanza, dato che, negli ultimi sei mesi, il vertice dell’UE è stato da lui rappresentato.
D’altronde, non si può, invero, derubricare la crisi russo-ucraina al livello di un conflitto meramente regionale, visto che l’ultima volta - nel secolo scorso - in cui fu fatto, tragicamente, un errore analogo, poi scoppiò la Seconda Guerra Mondiale.
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