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Rosario Pesce
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È evidente, da molto tempo, che l’Uomo cerca rifugio nella trascendenza, anche per evadere dal mondo odierno, che non offre molte gratificazioni.
Da diversi anni, è sempre maggiore il numero di individui che ricercano un po’ di sana spiritualità nelle religioni, finanche, non tradizionali dell’Occidente.
È il caso delle moltissime persone che si danno allo studio dei testi sacri della tradizione indiana o di coloro che, nell’ambito delle forme varie del Protestantesimo, cercano comunque un avvicinamento al Cristianesimo.
Così come altri, invece, ricercano un legame possibile con la religione attraverso l’approccio alle varie forme di solidarietà, che vengono organizzate dai movimenti laici che sono vicini alla Chiesa cattolica, volendo in questo modo testimoniare la loro presenza attraverso segni concreti e mondani di prossimità con chi soffre e non gode di benefici particolari.
Sono, queste, tracce del destino: l’Uomo, in qualche misura, non è soddisfatto della mondanità e si avvicina a Dio, in modalità diverse, per compensare e soddisfare un bisogno di spiritualità, che altrimenti rischierebbe di rimanere non esaurito.
È ovvio che la fine delle ideologie, che avevano caratterizzato il Novecento, ha accentuato non poco un simile approssimarsi alla trascendenza, visto che l’umanità necessita di credere in un Atto, comunque, supremo ed assoluto.
Ma, una simile condizione – rinnovellata agli inizi del nuovo millennio – in quale misura può, effettivamente, migliorare l’umanità e renderla più felice di quanto essa non sia?
Non sfugge a nessuno che, mentre taluni si rivolgono a Dio o consumano azioni all’insegna della solidarietà, molti altri continuano a vivere in una dimensione di egoismo che, invero, non aiuta il miglioramento di un consesso sociale che, sempre più, sarà articolato e complesso nei prossimi decenni.
Dio diviene sempre più il punto di riferimento di una società che, altrimenti, vagherebbe in modo confuso alla ricerca di idoli, ma una simile ricerca del Divino, di per sé, può essere sufficiente a guarire i mali del nostro tempo?
Forse, nessuna soluzione può essere sufficiente, ma in verità non può che essere stimolante l’atteggiamento di chi è volto alla trascendenza, a dimostrazione del fatto che il senso di precarietà, creato dalle culture del Novecento, ha generato molte più inquietudini di quante ne volesse, in origine, curare e risolvere.
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