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Rosario Pesce
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Quella della prossima primavera sarà, di certo, una campagna elettorale infuocata, visto che le premesse fanno intendere che non sarà un consueto passaggio quello che si avrà dalla legislatura corrente alla nuova.
È evidente che, infatti, siamo in presenza di un momento epocale della nostra storia.
Senza voler eccedere nella retorica, è ovvio che il prossimo voto di marzo designerà equilibri nuovi nello scenario delle nostre istituzioni e non ci riferiamo solo ai flussi elettorali che, naturalmente, determineranno la fortuna di questi o il crollo di quelli.
Non è un caso se, a tutt’oggi, il principale argomento della campagna elettorale sembra essere quello relativo alle responsabilità delle istituzioni preposte in materia di scandali bancari.
La polemica di questi giorni fra la Banca d’Italia e la Consob – le due principali istituzioni preposte al controllo delle banche in Italia – non fa, certo, bene al Paese, visto che l’eventuale discredito, che ne può derivare, colpisce gli Enti che hanno sempre avuto una grandissima credibilità in Europa, oltreché entro i nostri confini nazionali.
Anche per questo motivo, il tentativo renziano di coinvolgere Banca Italia nelle polemiche del pre-voto non è stato un gesto improntato a grande saggezza, perché ha - ineluttabilmente - dato la stura ad un meccanismo infernale, da cui può venire colpita l’intera classe dirigente del Paese.
Peraltro, fare tutto ciò a cinque mesi dalle elezioni non può che accelerare un processo ampio di delegittimazione dello Stato, che a maggior ragione dà fiato alle trombe delle forze populiste, che sono presenti, oggi, nella cornice politica.
Cui prodest?
È evidente che non giova a nessuno, se non a Salvini e Grillo, una situazione simile, che configura una condizione di conflitto fra parti dello Stato, tutte essenziali per il corretto funzionamento democratico della nostra amata Repubblica.
Crediamo, quindi, che non convenga a nessuno continuare sulla strada del discredito di personalità ed apparati dello Stato, che hanno agito, sovente, in una condizione non facile.
A maggior ragione, chi, come Renzi, ha avuto responsabilità di governo nel corso degli ultimi quattro anni, dovrebbe essere più prudente nei suoi giudizi e nelle valutazioni conseguenti, perché potrebbe – suo malgrado – innescare un pericoloso meccanismo, che danneggia in primis il suo stesso partito, quello che ha, appunto, governato il Paese senza soluzione di continuità sin dall’esperienza del dicastero Monti, condizionando non poco la vita delle istituzioni negli ultimi sei anni, dapprima ai tempi della Segreteria Bersani e, poi, appunto di quella Renzi.
Forse, ritornerà la ragionevolezza e l’impazzimento, tipico dei periodi di campagna elettorale, non determinerà eccessivi danni alla nostra credibilità internazionale?
Non possiamo che auspicarlo, visto che, come ha dichiarato Prodi, la condizione attuale del Paese è, per davvero, molto grave ed, in simili contingenze, l’Italia ha bisogno di chi spegne le fiamme e non di chi alimenta il fuoco delle polemiche.
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