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Rosario Pesce
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La vera dicotomia, in rapporto ai grandi flussi migratori, è la seguente: integrazione o assimilazione?
Non è la prima volta nella storia dell’Occidente che le nostre terre vengono interessate da un fenomeno migratorio di vaste dimensioni: l’Europa, anzi, è nata per effetto dello spostamento di individui dall’Asia Minore verso Occidente, che vennero a colonizzare le aree del Mediterraneo, dando vita alle più grandi civiltà del passato, una su tutte quella greco-ellenistica.
Peraltro, come oggi, anche allora, non solo venivano a scontrarsi fra di loro razze diverse, ma soprattutto il fattore religioso non sempre era condiviso, per cui, dall’Estremo e dal Medioriente, arrivarono in Occidente i culti monoteistici, da cui prese le mosse, sul piano dottrinario, anche il Cristianesimo.
Pertanto, l’Europa vede la sua storia fortemente intrisa dalla dinamica delle migrazioni, che sono state sovente un fattore di accelerazione di processi, che altrimenti non si sarebbero mai attivati.
D’altronde, si sa bene che la contaminazione delle razze, degli usi, dei costumi, delle tradizioni è un elemento di arricchimento delle civiltà, che, se rimangono per troppo tempo identiche a loro stesse, rischiano seriamente di scomparire.
Ma, nel caso attuale, ci troviamo di fronte a complessità, dapprima ignote.
In primis, le ingenti dimensioni dei flussi migratori, che peraltro intervengono in un momento di stasi dell’economia europea, mentre si sa bene che, generalmente, un Paese riceve nuovi cittadini, quando i suoi processi economici e produttivi sono in fase progressiva.
Inoltre, mentre si svolgono tali processi migratori, per altro verso l’Occidente è colpito da una fase bellica sui generis: quella del terrorismo islamista, che colpisce in modo indifferenziato e che, soprattutto, rende ancora più invisi quei poveri diseredati, che attraversano il Mediterraneo, per entrare a far parte delle nostre società, che sono comunque più evolute e dinamiche di quelle da cui essi provengono.
Ma, qual è la risposta, che è in grado di mettere in piedi l’Europa di fronte ad un’emergenza siffatta?
Torniamo, così, al dilemma iniziale: integrazione o assimilazione?
È ben noto che, quando in epoca moderna, Paesi importanti, come Francia e Regno Unito, sono stati interessati da analoghi flussi migratori, la risposta di noi Occidentali è stata quella dell’assimilazione, per cui si è tentato, in modi diversi, di far divenire i “nuovi” Europei perfettamente identici ai “vecchi”, inducendoli ad abbandonare le loro abitudini di vita ed, in particolare, la loro visione del mondo e del rapporto fra Stato e religione.
Oggi, l’assimilazione non può essere praticata e chi vorrebbe metterla in essere, deve comunque non farvi manifesto riferimento, anche perché appare molto difficile ed improbo il tentativo di spingere milioni di persone a non credere più in Allah o a rinunciare al burqa o a mangiare la carne di maiale o ad entrare, da fedeli, in un luogo di culto cristiano.
Pertanto, l’unica via possibile è quella dell’integrazione, rispettosa quindi delle diversità, che vanno viste come elemento di arricchimento e non di depauperamento della società odierna.
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