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Rosario Pesce
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Quello che inizierà domenica prossima sarà, di certo, un campionato di calcio esaltante, visto che, per la prima volta da qualche anno a questa parte, il suo esito non appare scontato, almeno in sede di pronostico iniziale.
Infatti, lo strapotere juventino può essere messo in discussione, oltreché dalle tradizionali sfidanti Napoli e Roma, dalle società milanesi, che hanno messo in essere delle faraoniche campagne acquisti per effetto dell’ingresso dei capitali cinesi, che sono entrati nel circuito italiano dopo la cessione delle rispettive proprietà di Inter e Milan.
Cosa potrà essere il calcio italiano nei prossimi anni ben pochi lo possono ipotizzare con la giusta intelligenza.
Certo è che, dalla prossima stagione, aumenteranno i posti in Champions, cui avranno diritto le società italiane, per cui lieviteranno i fatturati delle quattro squadre che, ad ogni fine stagione, avranno acquisito la possibilità di partecipare a quella che, ormai, non è più solo una Coppa, ma un vero e proprio torneo per l’élite del calcio continentale.
Ma, basterà un posto in più in Champions per rendere il calcio italiano ricco come quello di altre nazioni?
L’estate 2017 passerà alla storia per essere quella dell’acquisto miliardario di Neymar da parte degli sceicchi del PSG, che si sono garantiti le prestazioni del calciatore brasiliano per un investimento complessivo di oltre un miliardo di euro, fra costo di compravendita del cartellino ed emolumenti da riconoscere all’atleta nel corso del suo contratto.
Un prezzo, dunque, davvero inusitato per il calcio europeo, che può essere solo giustificato dal fatto che gli sceicchi, sempre più intenzionati a portare il fenomeno calcistico sulle sponde degli Emirati Arabi e del Qatar, usano tali star del calcio come strumento di promozione delle loro terre e come mezzo di diversificazione dei loro investimenti, che nascono sempre più dalla consapevolezza che, a breve, non potranno vivere solo di petrolio.
Nessuna società italiana potrà mai competere con gli sceicchi del Qatar o degli Emirati, per cui è evidente che il Neymar di turno non potrà mai indossare una divisa di un nostro club, almeno fino a quando il calcio del nostro Paese non si aprirà a simili proprietà.
Le stesse società milanesi, pur essendo state acquisite da capitali cinesi, con cui concorrono fondi di investimento statunitensi, almeno per il momento non sono in grado di fare un acquisto come quello appena realizzato dal PSG, a dimostrazione del fatto che il potere di spesa degli Emiri non incontra alcuna forma di concorrenza.
Ma, questo è calcio?
È evidente che non lo sia, visto che si crea una condizione impari fra le rivali europee, ma, fino a quando la norma consentirà che vengano fatti investimenti di tale portata, è ineluttabile che noi saremo un passo indietro (o, forse, anche due) rispetto agli altri.
Crescerà, quindi, il nostro calcio grazie agli investimenti sui settori giovanili?
Crescerà grazie al talento, che non è mai mancato ai nostri calciatori, purché siano messi nelle condizioni di esprimerlo a pieno?
Certo è che è giunto il momento che, anche, la leadership del calcio italiano muti, perché, se nei prossimi anni, continuerà ad essere competitiva a livello internazionale solo una società (peraltro, sempre la medesima), è ovvio che l’Italia sarà sempre più povera ed indifesa rispetto ai grandi magnati Qatarioti ed arabi.
Riusciremo, allora, a rialzare finalmente la Champions, visto che l’ultima volta, in cui lo ha fatto una squadra del nostro campionato, è stata nel lontanissimo maggio 2010 (sette anni fa!), ad opera dell’Inter di proprietà, ancora, italiana?
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