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Ancora, non si può non dimenticare che, nelle curve, gli ultras costituiscono sovente il legame con la mafia, che così cerca di condizionare le società sportive, che spesso non riescono a liberarsi del ricatto, che subiscono dai clan: non possiamo, certo, non evidenziare la presenza di molti criminali all’interno del tifo organizzato, all’unico scopo di reclutare nuova manodopera fra i tifosi, che affollano - la domenica - le curve dei nostri stadi.
Peraltro, con la trasformazione dei sodalizi in società per azioni, il traffico di danaro, intorno al calcio, è aumentato notevolmente, visto che, nei Consigli di Amministrazione delle squadre più importanti e blasonate, non ci sono solo le grandi famiglie del capitalismo italiano, ma a loro si è affiancata la presenza di capitalisti stranieri, i quali sono compulsati dai profitti, che possono derivare dalla costruzione dei nuovi stadi e dall’urbanizzazione delle aree, che sorgono nei pressi dei futuri impianti, con una ricaduta significativa per l’economia locale, oltreché per gli stessi gruppi economici, che sono impegnati in attività di così vasto impatto sociale. Forse, sarebbe opportuno un controllo più pervasivo, da parte degli organi competenti, per evitare che il calcio diventi il terreno di conquista di appetiti tanto famelici, quanto confinanti con la criminalità finanziaria?
Forse, sarebbe opportuno procedere ad una schedatura più capillare di quanti, domenicalmente, vanno allo stadio, perché - nelle curve - si assiste alla selezione di manovalanza, che poi viene utilizzata per gli scopi meno nobili: dallo spaccio di droga ai crimini contro la proprietà, tipici della delinquenza comune, dalle estorsioni all’arruolamento di adepti per finalità illegali di natura politica.
È giusto che si insegni, nelle scuole, l’amore per il puro piacere della competizione sana e priva di altri fini, che non siano solo quelli - meramente - sportivi.
Anche, attraverso il miglioramento della qualità del tempo libero, passa la crescita civile del nostro Paese, tanto più in un momento storico – come quello odierno – nel quale sembra che prevalga, invece, l’imbarbarimento più cupo e truce.
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