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Infatti, pur essendo il suo partito molto forte a causa della presenza capillare della Chiesa sul territorio nazionale, De Gasperi evitò sempre che esso divenisse un partito meramente confessionale, esaltando dunque la laicità delle istituzioni democratiche, perfino, in un momento storico in cui era molto netta la contrapposizione fra laici e cattolici.
Inoltre, De Gasperi seppe restituire dignità ad un Paese mortificato dalla guerra e dalla dittatura fascista, per cui, nonostante il Piano Marshall, l’Italia non è mai apparsa il servo sciocco, sul piano internazionale, degli Stati Uniti d’America.
D’altronde, il suo gesto emblematico del viaggio in America, indossando un cappotto non di sua proprietà, bene stava ad indicare il livello di moralità di un ceto politico, che mai ha approfittato della condizione di potere, per appropriarsi di ciò che non gli spettasse.
Tutti insieme - democristiani, socialisti e comunisti - da quel momento in poi, sia pure da posizioni molto diverse fra loro, hanno dato inizio ad un percorso che, alla metà degli anni Ottanta, ha portato il nostro Paese ad essere la quinta potenza al mondo.
Oggi, purtroppo, quel percorso sembra interrotto e non solo perché mancano personalità del livello di De Gasperi o Togliatti o Nenni.
Manca, in particolare, l’anelito al miglioramento, che animava tutti gli Italiani che dovevano, allora, uscire dalle miserie della Guerra e del ventennio fascista.
Sembra, quasi, che oggi si parta sconfitti, mentre, in quel frangente, furono di fatto tutti vincitori, finanche quelli - come Socialisti e Comunisti - che subirono una sconfitta memorabile.
Vogliamo fare del 18 aprile 1948 una festa nazionale?
La festa della democrazia e delle libertà politiche?
O, forse, si rischia di creare un Paese senza memoria, che sarebbe - invero - la premessa per un tragico, rinnovato fallimento?
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