|
|
Rosario Pesce
|
|
Papa Francesco è, ormai, divenuto una star.
Riesce ad entrare in empatia con il pubblico di fedeli come nessun altro pontefice prima di lui.
I suoi gesti sono umanissimi e naturali, quasi a voler confermare, in questo modo, che il supremo rappresentante di Dio, in Terra, è un uomo alla pari degli altri uomini.
Eppure, egli è un gesuita, quindi è un raffinato teologo come tutti coloro che appartengono all’Ordine di Ignazio da Loyola.
Ma, forse per effetto delle sue origini argentine, è abituato a vivere fra gli umili, fra gli ultimi al mondo e ad essere in interazione, come se fosse appunto uno di loro.
È evidente che, quando fu eletto, le sue caratteristiche umane, ben note ai cardinali, sono state determinanti nella scelta, perché solo un papa popolare poteva salvare la Chiesa dal discredito nel quale era caduta, per effetto degli scandali finanziari e di quelli, ancora più tristi, legati alle vicende di pedofilia.
Pertanto, chi lo ha scelto per la sua indole, ha visto davvero molto lontano.
Ma, è evidente che il “personaggio” Francesco non basta di per sé, perché la sua più autentica scommessa, la riforma della Chiesa, è solo agli inizi.
Il pauperismo è, sempre, stato lo strumento riformatore più forte della Chiesa cattolica: non è un caso, se l’altro Francesco, il Santo di Assisi, facendosi araldo del messaggio di povertà, salvò la Chiesa medievale da un discredito ben maggiore di quello odierno, visto che - all’epoca - essa era un autentico Stato e molti Pontefici non osservavano, neanche, le più elementari regole in materia di castità.
La povertà, però, basterà?
La risposta non può che essere negativa.
La Chiesa di oggi deve affrontare un altro importante nodo problematico: la compresenza, sul suolo europeo, dell’Islam, visto che, per effetto dell’arrivo degli immigrati asiatici ed africani, i musulmani saranno sempre di più e, soprattutto, difenderanno la loro identità, come è tipico della loro tradizione teologica.
Su tale aspetto è, purtroppo, scivolato via il Pontificato di papa Benedetto, ancora legato ad uno schema manicheo rispetto all’Islam, come dimostrò il suo famoso discorso di Ratisbona, che incendiò l’animo di molti musulmani d’Europa.
Sul fuoco, invece, bisogna gettare acqua e non altra benzina ed, in tal senso, Francesco è la persona più idonea per dialogare non solo con i poveri del mondo, ma con tutti coloro che rappresentano un interesse debole, una minoranza, che però può divenire molto pericolosa, se non opportunamente gestita.
La sua prospettiva di vita terrena gli consentirà di portare a termine una simile impresa o, come è accaduto in passato, dopo un movimento riformatore, si innescherà puntualmente uno contro-riformatore, che ci riporterà indietro di anni o di secoli?
Certo è che l’Europa si salverà, solo se il Cristianesimo saprà essere inclusivo ed eviterà nuove guerre di religione, per cui solo lo spirito di Francesco (quello di Assisi e quello di Buenos Aires) potrà dare nuova consapevolezza morale ad un progetto culturale tanto ambizioso, quanto necessario.
|
|