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Forse, abbiamo omesso gli sforzi di Berlusconi, tesi a far dimenticare agli Italiani il concetto stesso di partito, in nome di un’idea pericolosa di democrazia plebiscitaria, che faceva dell’uso della televisione e dei media il surrogato della nostra, vecchia e cara democrazia rappresentativa?
O, forse, dimentichiamo il presente, fatto di formazioni populiste, xenofobe e demagogiche, che si dimostrano non all’altezza del loro compito, quando poi si trovano a governare realtà complesse?
La partecipazione è un valore, sempre e comunque, per cui non bisogna, invero, temere che, con un sistema elettorale di tipo proporzionale puro, possano rinascere i partiti (o partitini) del 3% o del 5%, perché quelli sono il vero sale della democrazia, quando ovviamente contribuiscono alla governabilità, arricchendo di contenuti l’azione dei Governi.
Non possiamo dimenticare, in verità, che il momento di massimo fulgore dell’Italia è stato quello relativo alla prima metà degli anni ’80, quando il leader di un partito, che non aveva oltre il 10% dei consensi, Bettino Craxi, in qualità di Premier, portò la nostra nazione ad essere la quinta potenza economica al mondo, potendosi sedere così Unito o Giappone.
Orbene, quello deve essere il nostro modello: un Parlamento, al cui interno le forze maggiori e quelle minori costruiscono, tutte insieme, una visione condivisa della nazione e dello Stato, dal momento che il vero mantra della nuova stagione devono essere i concetti di “condivisione” e di “responsabilità”, rispetto alle pericolose fughe in avanti, che si sono prodotte, invece, nel corso dell’ultimo biennio.
Peraltro, la fine del PD, con la scissione di questi giorni, dimostra anche un dato politico ulteriore: quel partito a vocazione maggioritaria, nato dalla fusione della cultura cattolica di Sinistra con quella ex-comunista, è fallito perché solo quelle due culture, per quanto nobili siano, di per sé non sono sufficienti ad assicurare il governo di una realtà complessa, ma al loro fianco è necessario - ed opportuno - che altre culture, come quella laica e socialista, diano il contributo necessario per giungere ad una sintesi di interessi ed idealità.
Pertanto, se la frammentazione del quadro politico non determinerà disorientamento, ma sarà la precondizione per mettere a giro, come si dice in gergo, nuove energie, nuove personalità ed originali contributi, non si può che essere soddisfatti degli esiti, che si stanno consumando, che certo hanno, almeno, il grandissimo merito di aver fatto chiarezza rispetto ad un’ipocrisia di fondo, che ha fatto danni all’Italia, nell’ultimo ventennio, molto di più della corruzione dei cinque decenni precedenti.
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