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domenica, 28 agosto 2022 18:31 |
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Frontespizio dell’edizione del 1535 ca
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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FtNews ha intervistato la prof.ssa Daniela Santonocito, che nel 2019, per Rubbettino Editore, ha introdotto e tradotto l'opera anonima Il Dialogo tra Epitteto e l'imperatore Adriano (Versione A). Laureata in Lingue e Culture Europee ed Extraeuropee presso l’Università degli Studi di Catania, nel 2018 ha conseguito il Dottorato in "Literaturas hispánicas" presso l'Università di Saragozza. È membro del gruppo di ricerca Clarisel, dedicato allo studio della letteratura medievale e del XVI secolo. Il suo filone di ricerca è incentrato sulla novela corta del XVII secolo e sulla trasmissione, riscrittura e ricezione dei testi medievali in epoca rinascimentale, nonché sullo studio comparativo tra i manoscritti e i primi testi a stampa. Attualmente è ricercatrice di letteratura spagnola presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche (DISUM) dell’Università degli Studi di Catania.
Nell'intervista la studiosa ha spiegato i motivi per cui ha deciso di occuparsi di questo dialogo contenente domande d’esame, con lo scopo di verificare le conoscenze dell’interlocutore. Si è soffermata sull'argomento dell'opera e sul contesto storico-letterario in cui si inserisce, considerando anche il percorso grazie al quale è arrivata fino ai giorni nostri. Ha spiegato, poi, con dovizia di particolari le scelte operate nella fase di traduzione del testo, che si è rivelata una vera e propria operazione di tipo ecdotico.
Prof.ssa Santonocito, per Rubbettino Editore nel 2019 ha introdotto e tradotto l'opera anonima Il Dialogo tra Epitteto e l'imperatore Adriano (Versione A). In quale contesto storico-culturale si inserisce e a quale periodo risale questo testo? Cosa l'ha spinta ad occuparsene?
Il Diálogo de Epicteto y el emperador Adriano è un testo anonimo che appare nella Castiglia della seconda metà del XIII secolo, ma ha una lunga tradizione. In questo periodo, infatti, la cultura castigliana mostra un forte interesse verso una letteratura di natura didattica; basti pensare che, durante il regno di Alfonso X, si assiste maggiormente ad una fervida produzione di testi gnomico-sapienziali incentrati sull’educazione dei principi, sulla trasmissione del sapere e sull’insegnamento di valori etici.
Mi sono occupata di quest’opera una decina di anni fa, in occasione della mia tesi di laurea, quando il mio relatore, il prof. Gaetano Lalomia dell’Università di Catania, mi propose di tradurre questo testo. Tuttavia, solo nel 2019 decisi di pubblicare la traduzione per Rubbettino Editore, nella prestigiosa collana Medioevo Romanzo Orientale, diretta dal prof. Antonio Pioletti, che ringrazio nuovamente per aver accolto il testo.
Qual è l'argomento del dialogo?
Epitteto giunge alla corte dell’imperatore Adriano e viene sottoposto ad una serie di enigmi e di domande al fine di testare il suo ingegno e le sue conoscenze. All’interno del questionario è possibile individuare sei sezioni tematiche relative alla conoscenza sul legame tra Dio e l’uomo, sulla natura peccaminosa dell’uomo, sui pericoli del mondo, sulla Bibbia, sulla natura e sulle Sacre Scritture. Si tratta di un testo che non ha una finalità artistica, ma predomina in esso la praticità con cui veniva utilizzato: questi argomenti, infatti, fornivano il metodo per avvicinarsi ai contenuti e agli insegnamenti biblici, oltre ad essere una fonte cui attingere per conoscere il mondo.
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Frontespizio dell’edizione del 1540
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Come è riuscito ad arrivare fino ai nostri giorni?
Il testo in castigliano si è diffuso grazie alle quattro versioni manoscritte (Biblioteca Nacional de España, ms. 10011; Biblioteca Nacional de España, ms. 17657; British Library, ms. Egerton 939; Biblioteca Nacional de España, ms. Vit. 7-17) che Hugo Óscar Bizzarri edita nel 1995 e indica rispettivamente con le sigle A, B, C e D. I quattro manoscritti differiscono gli uni dagli altri sia per il numero di domande, sia per gli argomenti su cui viene testato il sapere di Epitteto. Va ricordato, inoltre, che C e D sono frammentari.
Esistono, altresì, quattro edizioni a stampa risalenti ai secoli XV e XVI (1492; s. a.; ca. 1535; 1540), delle quali solo le ultime due sono reperibili e sono state da me editate nel 2019 per la rivista Memorabilia. Lo studio di queste edizioni ha messo in discussione lo stemma codicum che ha trasmesso il testo fino ad oggi, poiché le fonti non corrispondono a nessuna delle quattro versioni manoscritte.
Quali sono le fonti dell'opera? A quale genere letterario appartiene?
L’origine di queste raccolte di domande e risposte è da ricercare nella letteratura greco-bizantina, di cui esistono numerosi esemplari conosciuti sotto l’etichetta di Erotapokriseis. Tuttavia, le uniche fonti accertate sembrano essere gli Joca Monachorum, la più antica raccolta di questo genere, e il dialogo latino Adrianus et Epictitus (AE). Quest’ultimo presenta numerosi cambiamenti rispetto alla fonte, giacché introduce la cornice narrativa iniziale, in cui Epitteto si trova alla corte dell’imperatore Adriano, e modifica il corpus testuale, introducendo, oltre alle domande relative ad alcuni passi biblici, altre di argomento profano. Le quattro versioni castigliane A, B, C e D deriverebbero direttamente (A) e non - B, C e D derivano, infatti, dal ramo catalano dell’Enfant sage - da una delle numerose versioni latine (AE2) che esistono di AE.
Come preannunciato dal titolo, l’opera è costruita su una forma dialogica, sebbene esistano diverse tipologie testuali ascrivibili al genere letterario del dialogo che presentano un modo diverso di organizzare il contenuto; si pensi, ad esempio, all’altercatio, al catechismus, alle quaestiones, etc. In questo caso, si tratta di un dialogo contenente domande d’esame, con lo scopo di verificare le conoscenze dell’interlocutore.
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Prof.ssa Daniela Santonocito
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Delle quattro versioni A, B, C e D del testo, lei ha curato la traduzione della Versione A. Che tipo di traduzione ha scelto? Quali difficoltà ha incontrato nella traduzione?
Il testo è scritto in un castigliano ancora giovane e per questo presenta forti tratti arcaici; dal punto di vista grafematico, così come la struttura sintattica, esso guarda al latino come punto di riferimento. Pertanto, da un punto di vista linguistico, non è stato semplice adottare delle scelte traduttive applicabili a tutto il testo. Ove possibile, ho cercato di colorare la veste linguistica di un tono e di uno stile arcaici mantenendo, ad esempio, le citazioni in un latino tardo, per riprodurre l’estraneità percepita durante la lettura di un testo lontano diacronicamente. Sebbene riprodurre tale distanza sia fondamentale nella traduzione di un testo medievale, per rendere l’onomastica e la toponomastica nella versione italiana, invece, ho optato prevalentemente per una traduzione target oriented, dato che la maggior parte dei nomi è penetrata nella nostra cultura sin dall’antichità grazie agli insegnamenti della materia biblica. In alcuni casi, però, non è stato semplice trovare degli equivalenti nella lingua di arrivo e sono stata costretta a mantenerli nella forma di origine, probabilmente non identificabile perché alterata graficamente nel lungo processo di trasmissione del testo. Nella fattispecie, mi riferisco alla traduzione di alcune popolazioni (Ajareuis) o di certi territori (Graput, Enbulexicaruo, etc.). Inoltre, la traduzione si è rivelata una vera e propria operazione di tipo ecdotico, in quanto mi ha permesso di identificare alcuni errori commessi dai copisti: la parola “cobdo” (cubito), inserita nella domanda 130 relativa all’arca di Noè, evidentemente lo è. Leggendo la risposta (“Quaranta”) e confrontandola con la versione B, in cui corrisponde alla domanda numero 69, il termine corretto sarebbe “día” (giorno), dato che l’arca stette per ben quaranta giorni sulle acque a causa del diluvio, confermati anche dai versetti del libro della Genesi, in cui non si menziona il numero 40 nella misura dell’arca espressa in cubiti.
Cosa l'ha colpita di questo dialogo?
Oltre ad un interesse personale verso la letteratura spagnola medievale, ho deciso di occuparmi di questo testo perché era poco studiato dalla critica letteraria. Mi ha colpita sicuramente il carattere aperto del testo, che ha determinato l’introduzione di nuovo materiale e il dialogo intertestuale con altri testi medievali del XIII secolo, come la Historia de la doncella Teodor, nonché la complessa genesi ancor oggi da ridefinire in relazione alle fonti e alla diffusione del testo nella stampa dei secoli XV e XVI.
Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che leggeranno Il Dialogo tra Epitteto e l'imperatore Adriano?
Non credo che il testo racchiuda un messaggio particolare per un pubblico di lettori e lettrici della contemporaneità, però mi auguro che possa suscitare un certo interesse verso questi testi medievali spagnoli ascrivibili a una sorta di letteratura d’esame, volta a comprovare le conoscenze di chi viene sottoposto a una serie di domande e di enigmi.
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