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martedì, 17 maggio 2022 09:10 |
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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Mercoledì 18 maggio ricorre il primo anniversario della scomparsa diFranco Battiato. FtNews celebra questa data con un'intervista al giornalista e scrittore Guido Guerrera, profondo conoscitore della produzione del grande artista siciliano e personale amico nell’arco di un trentennio. Guerrera per l’occasione racconta ai nostri lettori dei suoi ultimi due libri: Franco Battiato. Niente è come sembra - Simbologia nei testi (Verdechiaro Edizioni) e Battiato. L'uomo dell'isola dei giardini, scritto per i tipi di Minerva Edizioni, nel quale si trovano preziosi contributi di collaboratori storici, protagonisti dell’iter del compositore siciliano dagli esordi della carriera fino al grande successo. Nel corso dell'intervista Guerrera ha focalizzato l'attenzione sul messaggio profondo e mai superficiale nascosto nelle composizioni di Battiato. Si è soffermato anche sul legame che Franco aveva con la Sicilia, sul rapporto con la fede e il misticismo e sul significato assunto dalla spiritualità tanto nella sua produzione che nella formazione artistica. Dalle parole del giornalista emerge la convinzione che il segreto del successo del grande compositore e intellettuale siciliano, amato indifferentemente da giovani e meno giovani, stia in quella che Guerrera definisce intramontabilità, quella capacità di cercare soluzioni stilistiche sempre nuove e di farsi guida e Maestro in un'epoca in cui la ‘mancanza di padri’ è fortissima e il vuoto che ne consegue enorme.
Sig. Guerrera, lei conosce bene la produzione di Battiato. Ne ha seguito i passi dai lontani giorni degli esordi e della sperimentazione, fino al grande successo di pubblico. Quando ha iniziato ad interessarsi alla sua attività? Cosa ricorda del primo incontro con lui?
È successo tutto per apparente volere del caso. La prima volta che ho ascoltato una canzone di Battiato mi trovavo a bordo di un pullman diretto a Firenze. L’autista aveva messo Cuccurucucu Paloma. Mi feci quattro risate tra me e me e liquidai come ‘roba da cretini’ quella strampalata esecuzione. Qualche mese dopo mi trovavo a Messina in occasione della Fiera Campionaria. Uno dei padiglioni era dedicato alla Cina; era addobbato molto bene, perfino con piante di bambù autentiche. A un certo punto partì Centro di Gravità Permanente: è stato ‘come un incantesimo’ in cui tutto si fonde perfettamente e accade perché è giusto che accada. Fu l’inizio di una fascinazione musicale che continua e non credo, ormai, possa finire. Il mio primo incontro con Battiato risale invece al ’91, in occasione di un suo concerto al Teatro Verdi di Firenze. Andai ad intervistarlo in camerino e fu l’inizio di una lunga amicizia e di un sodalizio fondato su identiche esigenze spirituali e visioni del mondo molto simili. Scrivere libri su di lui è stato come non interrompere mai quel dialogo che ci coinvolgeva spesso in molte e diverse argomentazioni.
Cantautore, compositore, musicista, regista, pittore: è stato un artista a tuttotondo. Cosa significa raccontare Franco Battiato?
Sorprendersi ad ogni passo. Franco non era mai uguale a se stesso nella vita, così come nel suo ruolo di uomo di spettacolo. Amava molto cambiare, a costo di apparire incoerente, ed era per lui una sorta di costante sfida quasi di natura gurdjieffiana, allo scopo di tenere i sensi desti e all’erta. Questo suo modo di vedere le cose era fortemente contagioso, specie nei confronti di chi, come me, è decisamente predisposto a condividere questo genere di suggestioni e di molteplici curiosità. Battiato era una persona molto curiosa di tutto ed era proprio questa sua prerogativa a spingerlo verso l’esplorazione di ambiti artistici in apparenza differenti. In realtà il suo mondo era pieno di suoni e luci che si traducevano molto bene in musica e immagini.
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Guido Guerrera insieme a Franco Battiato
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Cosa rappresentava per lui la Sicilia?
Certamente casa, nel senso più assoluto del termine. Il posto delle proprie radici non si può rinnegare, neppure volendolo, e le radici che Franco aveva nella sua Sicilia erano potenti quanto il rapporto con la madre e quella terra contraddittoria in tutte le sue espressioni. Ogni siciliano sa di essere un cumulo di controverse emozioni, di dovere fare i conti con una natura magmatica quanto quell’isola e per questa ragione celebrerà in ogni occasione possibile riti di appartenenza uterina tra sé e quelle potenti origini.
A marzo ha dato alle stampe il libro Franco Battiato. L'uomo dell'isola dei giardini (Minerva Edizioni), in cui si trovano preziosi contributi dedicati all'artista siciliano, a partire dagli esordi della sua carriera. Da chi sono stati curati questi contributi? Quali personaggi ha scelto di far parlare?
È un libro che, all'inizio, mi è costato parecchio scrivere. Poi tutto si è fatto improvvisamente lieve e così ho scoperto di essere come incitato e protetto da una 'invisibile carezza': Franco, da una dimensione diversa dalla nostra, ma assolutamente presente, mi incitava a proseguire, a fare bene quel mio lavoro. Così, credo per suo volere, o meglio per sua benevola intercessione, ho potuto contare con straordinaria facilità sul contributo dei suoi maggiori collaboratori: da Antonio Ballista a Filippo Destrieri, da Camisasca a Caccamo. Sono davvero tanti. Tutte persone generose che ringrazio.
Lo scorso anno ha pubblicato il libro Franco Battiato. Niente è come sembra - Simbologia nei testi (Verdechiaro Edizioni), che propone una lettura simbolica dei testi di Battiato. Niente è come sembra suona come un invito a guardare oltre le apparenze, oltre la superficie delle cose, per penetrarne l'intima essenza. Quale segreto, quale messaggio si nasconde nelle composizioni di Battiato?
La maggior parte delle persone si lascia trascinare dalle note coinvolgenti, dal ritmo serrato di alcune canzoni di Battiato e le canticchia senza curarsi del senso. I più evoluti ritengono che si tratti di semplici, ingegnosi giochi di parole, ma non è così. Franco è stato un raffinato ricercatore, un esploratore dello spirito che si è rifatto alle più importanti figure dell’esoterismo e della mistica del mondo, dai dervisci al buddhismo, da Gurdjieff a Osho.
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Ha analizzato con la massima cura ogni suo testo. Quali sono i simboli che ricorrono frequentemente nei testi e nella ricerca spirituale di Battiato?
Basta osservare con attenzione la copertina del disco L’era del Cinghiale Bianco per aver una panoramica sufficientemente ampia della simbologia ricorrente nei testi. Ci sono i simboli dei quattro elementi empedoclei, si può notare la stilizzazione dell’albero sefirotico della vita, la piramide che racchiude il segreto delle leggi pitagoriche, mentre lo stesso titolo allude al ritorno di una ‘età dell’oro’, di un mondo di pace e fratellanza: una sorta di Era dell’Acquario, che però tarda ad arrivare.
Qual era il rapporto di Battiato con il misticismo e l'esoterismo? Che rapporto aveva con la fede? Credeva in Dio?
Era un rapporto di rispetto, in quanto basato sulla voglia sincera di capire e apprendere. Lo studio innanzitutto: montagne di libri per soddisfare la sua sete di sapere sia in ambito ‘esoterico’ che religioso. Conosco molte persone convinte di sapere tutto, sulla scorta di intuizioni tanto personali quanto discutibili. La formazione severa è invece indispensabile, proprio per evitare derive mentali spesso frequenti tra chi si occupa di questi argomenti. Con Franco eravamo ovviamente d’accordo su questo punto, ed entrambi ci siamo sempre vantati di avere case capaci di contenere più libri che mobili. Credeva in Dio? Certo. Poi si vestiva, mangiava e faceva cose comuni a tutti. Ma siamo sicuri che fare le cose che fanno gli altri significhi farle ‘come’ gli altri?
Il film-documentario Attraversando il bardo (Sguardi sull'aldilà), diretto da Battiato, indica una strada per meditare sul tema della morte. Cosa rappresentava per lui la morte? Credeva nell'aldilà?
Attraversando il Bardo è un documentario di intenso significato per chi considera la fine dell’esperienza terrena come una possibilità di rinascita. In tal senso la morte non può essere considerata la fine di tutto, bensì un nuovo inizio. In questo modo ‘la porta dello spavento supremo’ può trasformarsi in porta di Luce, in cui si celebra l’immortalità dell’anima che sopravvive in eterno alla corruzione della carne.
I concerti di Battiato registravano sempre il tutto esaurito; le sue canzoni continuano ad emozionare ancora oggi. Era ed è amato da giovani e meno giovani. Secondo lei, come si spiega questo successo?
La curiosità spingeva Franco verso soluzioni stilistiche sempre nuove e questo è stato sempre percepito dal pubblico, che appunto è stato trasversalmente rappresentato da più generazioni. Il suo genio sta in quell’aspetto che ha connotato i grandi di ogni tempo: l’intramontabilità. Inoltre, proprio in una lunga fase epocale come la nostra, in cui la ‘mancanza di padri’ è fortissima e il vuoto che ne consegue enorme, Battiato arriva con i suoi testi come un balsamo capace di lenire le ferite che troppi interrogativi senza risposta e troppe voragini esistenziali lasciano aperte.
Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori dei suoi libri dedicati a Franco Battiato?
Un Amore assoluto e universale.
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