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lunedì, 27 gennaio 2020 06:48 |
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John William Waterhouse, "Circe offre la coppa a Ulisse", 1891, Gallery Oldham
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Francesca Bianchi
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A distanza di tre anni
FtNews
torna ad intervistare la scrittrice Erika Maderna
( http://www.ftnews.it/articolo.asp?cod=1059 ),
profonda conoscitrice e studiosa della sacralità più intima dell'anima femminile e autrice dei libri Per virtù d’erbe e d’incanti. La medicina delle streghe (Aboca Edizioni, 2018) e Con grazia di tocco e di parola. La medicina delle sante (Aboca Edizioni, 2019).
La nostra ricca conversazione si è concentrata proprio su questi due originali saggi, frutto di una lunga e affascinante ricerca sulla storia delle donne curatrici, iniziata circa dieci anni fa con Medichesse. La vocazione femminile alla cura (Aboca Edizioni, 2012).
In Per virtù d'erbe e d'incanti la Maderna ha ricostruito la genesi dell'archetipo della strega, un archetipo nobile, spiegando che la figura della strega nasce dapprima nella dimensione dell'immaginazione e solo in un secondo momento fa il suo ingresso nella storia. Quelle che sono passate alla storia come streghe, malefiche, incantatrici, fattucchiere sono di gran lunga più antiche di quanto si possa pensare. La loro origine, infatti, precede di molto il Medioevo, che ne ha creato l'immagine leggendaria, e si perde nei racconti del mito. Attraverso le testimonianze letterarie, partendo proprio dalle testimonianze della mitologia greca, la studiosa ha ripercorso le tappe che dalla primitiva magia degli dei hanno portato a quella propria dell'universo magico femminile, discutendo del legame che avevano le streghe con la medicina e facendo luce sul momento in cui si innestò l'associazione tra saperi diabolici e conoscenza erboristica. Il libro dedicato alla medicina delle streghe si conclude con la presentazione della vita di sette donne processate per magia terapeutica, delle cui vicende persecutorie l'autrice svela qualche dettaglio.
La ricerca sulla storia delle donne curatrici è culminata nel saggio Con grazia di tocco e di parola. La medicina delle sante, pubblicato il mese scorso. Nel libro viene presa in considerazione la dimensione della santa, che la scrittrice ritiene parallela a quella della strega. Streghe e sante, infatti, sono state medichesse e farmaciste, hanno incarnato quella familiarità con i saperi medicinali e quella vocazione alla cura che da sempre sono proprie dell'intima natura femminile. Fermamente convinta che nella contrapposizione culturale tra queste due figure in apparenza così diverse, si rivelino sorprendenti e inaspettate analogie che lasciano emergere il senso di una fortissima radice sapienziale comune, spiega che quelle di “strega” oppure di “santa” sono etichette culturali che denotano una scelta interpretativa nella percezione del sapere femminile, spesso frainteso e distorto.
In questo saggio possiamo trovare le figure femminili più importanti della cristianità, donne di grande levatura morale che si sono distinte per lo studio della medicina e per una sincera dedizione ai sofferenti: Radegonda di Poitiers, Elisabetta di Ungheria, Francesca Romana di Trastevere, Ildegarda di Bingen, senza tralasciare le vite delle prime martiri taumaturghe, in cui è possibile scorgere la presenza di archetipi ereditati dall'antico sostrato pagano. Donne coraggiose, forti, libere, ribelli che si sono rifiutate di piegare il capo e di obbedire alla legge del più forte. Donne lontanissime dallo stereotipo radicatosi poi nell'immaginario popolare e arrivato fino ai giorni nostri.
Tutte noi donne dovremmo provare una sincera gratitudine nei confronti di Erika Maderna, ricercatrice che grazie ai suoi appassionati e rigorosi studi riesce a restituire voce e memoria a tante, troppe donne vittime della congiura del silenzio, dissipando l'ombra nera del sospetto che le ha circondate nelle loro vite. Questo mi fa sperare vivamente che i preziosi lavori di Erika possano entrare nelle scuole, grazie all'impegno di qualche insegnante o dirigente illuminata/o: mai come oggi è importante far conoscere alle giovanissime generazioni il ruolo fondamentale svolto dalle donne nella storia, in particolare alle ragazze, affinché si rendano degne eredi di antenate tanto illustri che hanno saputo spianarci la strada e indicarci il cammino da percorrere.
Erika, due anni fa hai pubblicato Per virtù d’erbe e d’incanti. La medicina delle streghe (Aboca Edizioni), un saggio nato con l’intento di colmare una lacuna del precedente Medichesse, pubblicato nel 2012 sempre da Aboca Edizioni. Quando è nato in te l'interesse verso l'affascinante tema della cosiddetta “medicina delle streghe”?
In Medichesse avevo già esplorato la parte più antica della storia della medicina femminile, partendo dalle figure dell’immaginario per approdare a quelle storiche. Si tratta di un universo variegato, come testimonia il lessico che nel tempo ha definito le donne di cura: medichesse, levatrici, pharmakìdes, erbarie, fattucchiere. La tradizione medica femminile affonda le sue radici nei saperi magici e iniziatici della tradizione mediterranea, che nel tempo hanno ispirato la trasfigurazione pericolosa e oscura della guaritrice in strega: sappiamo, infatti, che la stragrande maggioranza delle donne processate e condannate dai tribunali dell’Inquisizione era costituita da semplici curatrici di campagna. Ho voluto dunque provare a dare voce a queste figure straordinarie in modo più puntuale, andando oltre l’accenno generico che avevo dedicato loro nella mia prima ricerca.
È possibile delineare l'identikit della "strega"? Dove possiamo rintracciare l'archetipo della strega?
Per correttezza filologica dovremmo sempre inserire fra virgolette il termine “strega”, come tu hai giustamente fatto nel formulare la domanda, ma trattandosi di un archetipo, seppure nel tempo trasfigurato nei suoi significati più genuini, possiamo qui concederci di legittimare questa definizione. Quello della strega è un archetipo antichissimo e nobile che riporta a una funzione sacerdotale. Questa figura tuttavia nel corso dei secoli è stata svilita, vituperata, e già nelle culture classiche risulta incompresa e snaturata. Nel mito greco, infatti, troviamo “demoni” femminili del tutto simili a quell’icona stregonesca che siamo abituati a mettere in relazione all’immaginario del medioevo: spiriti quali le Lamie o le Empuse, protostreghe vampiresche e rapaci che la tradizione voleva rapitrici dei neonati dalle culle. Come si vede, era già presente in nuce il tema dell’infanticidio in connessione alla dimensione magica femminile, un crimine di cui moltissime medichesse e levatrici sarebbero state accusate nei secoli della caccia alle streghe. E questo è solo uno dei possibili filoni di analisi che ci consente di delineare una connessione diretta fra immaginazione, mito e storia.
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Giovanni Battista Salvi, Santa Apollonia, Basilica di San Pietro, Perugia
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Qual è la prima strega di cui si abbia notizia?
Potremmo affermare che la prima strega di cui l’umanità abbia avuto percezione sia stata la Natura. La indico appositamente con la lettera maiuscola, in quanto in origine connotata e personificata in senso sacro. Può suonare come un’affermazione provocatoria, ma è indubbio che i nostri antenati fossero consapevoli degli aspetti distruttivi di una forza naturale, percepita innanzitutto nella sua generatività, e dunque identificata con la polarità femminile, ma allo stesso tempo matrigna per imprevedibilità e capacità di portare devastazione, carestia, morte. L’originaria integrazione dei due aspetti è stata sottoposta a una progressiva scissione di tipo culturale, che già in epoca preclassica ha contribuito ad allargare il divario fra la connotazione materna e protettiva del femminile e il suo risvolto distruttivo e feroce. In questa evoluzione, già maturavano i modelli della strega e della santa.
Attraverso le testimonianze letterarie, partendo dall'immaginario del mito, hai ripercorso le tappe che dalla primitiva magia degli dei hanno portato a quella propria dell'universo magico femminile...
La dimensione letteraria ha fatto da trait d’union fra la dimensione mitica e la storia. Parliamo sempre di letteratura antica, ma è proprio lì che la rappresentazione della strega è maturata, acquisendo quei tratti che sarebbero risultati fondamentali nella costruzione del “personaggio” moderno. Potremmo citare le fattucchiere che compaiono nelle Satire del poeta latino Orazio, selvagge e subumane, dai tratti gotici esaltati al parossismo; oppure la maga Panfile messa in scena da Apuleio nelle sue Metamorfosi, che rivela tratti straordinariamente simili a quelli della strega di epoca medievale e moderna, anticipandone azioni inconfondibili, quali la preparazione e l’utilizzo dell’unguento magico per trasformarsi in uccello e il conseguente volo magico.
Che legame avevano le streghe con la medicina? Quando si innestò l'associazione tra saperi diabolici e conoscenza erboristica?
Da sempre i saperi femminili sono ricondotti alla conoscenza erboristica e alle pratiche di cura. I segreti medicinali, tramandati oralmente per via matrilineare, hanno conservato per secoli un carattere rituale e attraverso la ripetizione di formule e liturgie si sono preservati pressoché integri nel passaggio dalla cultura pagana a quella del primo cristianesimo. La necessità di sradicare le antiche tradizioni ha fortemente penalizzato la sopravvivenza di questi saperi, riconosciuti come eredità delle antiche idolatrie e dunque eretici.
In quale momento storico la figura della "benefica" guaritrice è diventata la "malefica” da temere e relegare ai margini della società?
Si è trattato certamente di un processo lungo e graduale. Il termine “malefica” è un marchio di infamia che ha attraversato la storia macchiando la reputazione delle donne. L’ambivalenza, come già accennato, risiede nell’ambigua percezione delle conoscenze femminili, soprattutto erboristiche e mediche, dalle quali il mondo maschile rimaneva escluso. Le donne conoscevano gli usi terapeutici o venefici delle piante, ed erano dunque potenzialmente in grado di indirizzare le intenzioni verso l’una o l’altra funzione. Possedevano conoscenze attinenti alla sfera generativa: non solo erano levatrici, ma praticavano gli aborti e somministravano le erbe contraccettive; come le antiche Parche, divinità del Fato, si muovevano con grande famigliarità fra gli estremi della nascita e della morte.
La Chiesa ha operato un vero e proprio processo di demonizzazione nei confronti della ricca tradizione pagana e di tante donne ritenute streghe. A quando risalgono i primi processi contro coloro che sono passate alla storia come streghe? Che sorte toccò a queste donne?
Mi ha sorpreso scoprire che un primo procedimento giudiziario collettivo contro donne accusate di medicina magica si è svolto ben prima del medioevo. Ne recano traccia alcuni capitoli dell’opera dello storico romano Tito Livio, che raccontano di come, nel 331 a.C., 180 matrone furono sommariamente processate con l’accusa di avere preparato filtri misteriosi, con l’intento di diffondere un’epidemia letale a Roma. Le donne si difesero giurando che la loro intenzione era quella di sperimentare medicamenti utili a contrastare il morbo, ma il sospetto e i timori superstiziosi prevalsero sul buon senso, dando luogo a quello che potremmo definire un precoce episodio di caccia alle streghe, conclusosi con una condanna a morte di massa. In epoca medievale, in mancanza di una giurisdizione specifica contro la stregoneria, molte curatrici, erbarie e medichesse furono inizialmente processate come eretiche. I secoli più bui, quelli dei roghi e delle migliaia di condanne capitali, furono il Cinquecento e il Seicento, ma è sorprendente constatare l’attuazione di alcune condanne a morte ancora in piena epoca dei Lumi.
Durante le tue ricerche hai avuto modo di consultare gli atti di qualche processo e la trascrizione di qualche interrogatorio? È stato possibile estrapolare qualche dettaglio in merito all'intervento di queste donne e alla percezione che ne aveva il popolo?
Le trascrizioni degli atti dei processi ci forniscono testimonianze importantissime che consentono di riportare in vita le flebili voci di tante donne perseguitate. Purtroppo spesso lasciano emergere un contesto sociale sconfortante, che evidenzia come le curatrici venissero ostracizzate innanzitutto dalle comunità di appartenenza. Durante il processo veniva loro richiesto di svelare particolari, modalità e pratiche relativi ai loro interventi di cura, e sono proprio tali dettagli a permetterci di delineare un ricco identikit della figura della curatrice. Sovente venivano sequestrati dalle abitazioni gli strumenti utilizzati per preparare i medicamenti, le materie prime, i contenitori con gli unguenti o gli sciroppi. Tali descrizioni sull’operato professionale, che spesso caratterizzano la prima parte dei processi per stregoneria, rivelano la voce genuina di queste donne del passato. Di contro, le grida strappate nello strazio della tortura rimangono voce collettiva, urlo della storia.
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Santa Elisabetta di Ungheria, Cattedrale di Santa Elisabetta, Košice
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Il libro si conclude con la presentazione della vita di sette donne processate per magia terapeutica. Puoi svelarci qualche dettaglio di queste vicende persecutorie? C'è una "strega" che ti ha colpita in modo particolare?
Spesso dico che i processi sono tutti simili fra loro e allo stesso tempo profondamente diversi. Ognuna delle figure che mi hanno accompagnata in questo percorso di scoperta mi ha lasciato una memoria speciale. Porto nel cuore Gabrina degli Albeti, che consigliava alle donne maltrattate da mariti violenti di somministrare loro ogni sera un infuso di camomilla, e che fu condannata al taglio della lingua poiché trasmetteva i suoi saperi alle altre donne della sua comunità; o Maddalena Serchia, che interpretava i malesseri come “ombre che cascano dal cielo”; o ancora Benvegnuda Pincinella, che prima di cominciare un rito di cura con l’unguento di erbe intonava una preghiera a “Madonna ruta”, affinché ne attivasse la vis terapeutica; o Bellezza Orsini, che con orgoglio dichiarava di aver curato più persone di “quanti peli avesse addosso”. In ognuna di queste figure è stato umiliato, ferito e ucciso lo spirito di tutte le donne.
La tua interessante ricerca sulla storia delle donne curatrici è culminata nel saggio Con grazia di tocco e di parola. La medicina delle sante, uscito il mese scorso per Aboca Edizioni. Nel libro viene presa in considerazione la dimensione della santa, che tu ritieni parallela a quella della strega. Streghe e sante sono state medichesse e farmaciste, hanno incarnato quella vocazione alla cura che da sempre è propria delle donne. Nel libro sostieni che nella contrapposizione culturale tra queste due figure in apparenza così diverse, si rivelano sorprendenti e inaspettate analogie, che lasciano emergere il senso di una fortissima radice sapienziale comune. È possibile risalire alle origini di questa radice sapienziale che accomuna streghe e sante? Cosa distingue una santa da una strega?
La contrapposizione tra la figura della strega e quella della santa fornisce una lettura interessante della percezione del sacro femminino nella sua valenza simbolica ed è un dato che delinea un percorso lineare che dal mondo classico raggiunge l’epoca cristiana. Quelle di “strega” oppure di “santa” sono etichette culturali, appunto, che denotano una scelta interpretativa nella percezione del sapere femminile, peraltro spesso frainteso e distorto. Direi che ogni distinzione è una distinzione “di sguardo” e non di sostanza. Da un punto di vista immaginale, si tratta di una duplice rappresentazione che riporta a una comune radice religiosa, e osservarla nell’ottica della specularità permette di svelare inaspettate rispondenze. L’universo della cura, poi, ci consente di approfondire questa prospettiva: nella confluenza dei saperi tradizionali, infatti, si è attuata una trasmissione graduale e spontanea delle pratiche magiche e rituali nell’ottica di una risemantizzazione cristiana, che ha consentito di mantenere forte il legame fra la “sanitas” (salute) e la “salus” (salvezza), rivitalizzando le radici sacre del concetto integrale di benessere.
Nella storia della medicina magica era forte la consapevolezza del potere intrinseco della parola. A quale funzione assolvevano le preghiere e le formule che accompagnavano la raccolta delle erbe officinali? Tu hai avuto modo di rintracciarne qualcuna nei tanti testi consultati per la stesura di questi libri?
La funzione demiurgica della parola accompagna l’intera storia delle religioni e nelle tradizioni di medicina magica accompagna il rito della therapeia come gesto sacerdotale. Le formule di raccolta delle piante officinali assolvevano a una funzione attivante del principio farmaceutico, e allo stesso tempo intonavano un inno che onorava nella pianta il principio divino sotteso. Possiamo attribuire un significato simile alle formule e preghiere, prima pagane e poi cristiane, che venivano recitate nel momento della somministrazione del medicamento o del rito di guarigione. Perfino la parola scritta era intrisa di intenzione magica, tanto che alcune ricette della tradizione anglosassone medievale riportano l’uso di sciogliere il testo di una preghiera, scritto a inchiostro su un foglio, in acqua o altro liquido, per farlo ingerire al malato come farmaco.
Nel libro dedicato alle sante prendi in considerazione le biografie di alcune taumaturghe e sante curatrici. Sei riuscita a risalire all'origine di specifici culti? Come si è sviluppato il modello ideale della santa curatrice?
Anche nel caso del femminile cristiano, il terreno è stato preparato da una prima fase che vede crescere il modello di santità attraverso figure che appartengono più al mito che alla storia. Si tratta delle martiri del primo cristianesimo, le cui vite ci sono pervenute in testi dai chiari tratti romanzati, che ripropongono archetipi ricavati dal precedente sostrato pagano. In molti casi i culti delle sante e dei santi taumaturghi si sono impiantati in luoghi in precedenza “occupati” da culti di divinità salutari pagane, prendendone possesso e creando nuove narrazioni.
C'è una santa che ti ha colpita in modo particolare?
Ancora una volta mi è difficile esprimere una preferenza per una figura in particolare. Le sante che ho scelto di narrare mi hanno in qualche modo tutte chiamata, attratta per ragioni differenti, e dunque tutte hanno contribuito a comporre una parte della storia, aggiungendo un contributo personale alla ricostruzione del quadro. Fra le figure storiche, certamente mi riempie di ammirazione e di stupore quella di Ildegarda di Bingen per l’eccezionalità del carisma, per le intuizioni modernissime e la ricchezza di conoscenze che ne fanno una dei personaggi più interessanti e straordinari della storia del monachesimo femminile.
Quale messaggio ti auguri possa arrivare a coloro che leggeranno questi libri così profondamente appassionanti e coinvolgenti? Quanto è importante far conoscere questi temi alle nuove generazioni, affinché diventino consapevoli del ruolo fondamentale svolto dalle donne nella storia?
È importante non smettere mai di raccontare il passato. Nel caso della storia femminile, nelle mie ricerche tento sempre di condurre un’operazione di recupero delle tracce più remote di quei fenomeni culturali e sociali che hanno reso tanto difficile il cammino di affermazione delle donne nella storia. Spesso si tratta di focolai ben più antichi di quanto immaginiamo. Credo che quel percorso di mancato riconoscimento del contributo femminile l’umanità lo stia in parte ancora attraversando: molto è cambiato, naturalmente, ma i tempi sono maturi per ulteriori passi di consapevolezza. Se vogliamo fare un salto di paradigma, partire dalle nuove generazioni è assolutamente prioritario. Oltretutto, la storia delle donne è appassionante, straordinaria. Insegna il coraggio, la capacità di resistenza di fronte alle difficoltà, la forza di reagire alle ingiustizie, la tenacia nel perseguire gli obiettivi. E ancora molto altro da cui lasciarsi ispirare!
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