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domenica, 29 settembre 2019 18:15 |
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Fossa granaria: scavo nella calcarenite
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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FtNews
ha intervistato Giuseppe Vito Internicola, in passato docente di lettere e dirigente scolastico presso l'istituto Comprensivo "G. Pitrè" di Castellammare del Golfo. Specializzato in Archivistica, Paleografia e Diplomatica, Internicola ha pubblicato diversi studi dedicati a Castellammare del Golfo (TP). Nell'ultimo, intitolato Castrum ad mare de gulfo. Alle origini di un paese (2015), lo studioso ricostruisce la storia della nota cittadina siciliana dalle origini alla metà del Seicento. Nel corso della nostra intervista, il prof. Internicola - da qualche mese socio onorario dell'Associazione Kernos - Promozione Del Territorio - ha parlato proprio di questo importante saggio. Si è soffermato sulle fasi che hanno portato alla costruzione del castello e dell’abitato, spiegando attraverso quali tappe il centro urbano di Castellammare cominciò ad estendersi e a popolarsi e come si svolgeva la vita della prima comunità castellammarese. Ha discusso delle famiglie che sono state titolari della baronia di Castellammare del Golfo e dell'importante ruolo ricoperto dai baroni di Castellammare nel Regno di Sicilia. Ha posto l'accento sulla grande valenza storica della riscoperta delle fosse granarie nel centro abitato di Castellammare, in rapporto all’importanza che ebbero in Sicilia il commercio dei cereali e l’organizzazione dei caricatori.
Ha infine espresso l'auspicio che questo libro possa essere d'aiuto ai Castellammaresi tutti per prendere consapevolezza della storia della loro città e per salvaguardare e valorizzare le numerose testimonianze storiche che questa custodisce.
Prof. Internicola, nel 2015 ha pubblicato il libro Castrum ad mare de gulfo. Alle origini di un paese, un importante saggio in cui analizza documenti, molti dei quali inediti, sulla fase iniziale della storia di Castellammare del Golfo, ricostruendo la storia del paese fino alla metà del 1600. Come è nata l'idea di questa ricerca?
Da sempre mi sono proposto di approfondire la storia del paese in cui sono nato. Tale aspirazione si è concretizzata in un progetto organico, quando sono venuto a contatto con documentazione inedita che avrebbe consentito di riscrivere momenti significativi di tale storia.
In base a quanto testimoniato dalle fonti da lei consultate, è possibile ripercorrere le fasi che hanno portato alla costruzione del castello e dell’abitato?
Certamente! Il castello, sorto come torre posta a protezione delle attività di una tonnara e di un piccolo emporium, assunse nel tempo i ruoli di postazione militare rilevante nell’ambito delle difese del regno di Sicilia e di centro di una baronia che gestiva una caricatore con un rilevante movimento commerciale. Fu pertanto necessario procedere ad adeguamenti delle strutture.
Per quanto riguarda l’abitato provvisto di mura, che si formò nel corso del 1500, sono stati individuati fondamentalmente due momenti: il primo all’inizio del secolo con la fondazione (1516), l’impianto dei primi isolati e la costruzione della Chiesa Madre ad opera del barone Giacomo Alliata; il secondo alla seconda metà dello stesso secolo ad opera dei duchi De Luna che, sulla base di una nuova progettazione, imposero al nuovo centro una struttura ordinata, con un regolare reticolato viario intorno ad un asse centrale (via mastra).
Come si può spiegare il rinnovamento delle fortificazioni e degli ambienti del castello?
Da un’accurata analisi delle strutture con il supporto della documentazione risulta che inizialmente (periodo bizantino ed arabo) il castello era costituito solo da una torre a base quadrangolare su un promontorio che sporgeva sulle due cale marine.
Nel periodo normanno il castello fu ampliato e rinforzato con la costruzione di un cortile quadrangolare (ballium) e con la creazione di un fossato.
Le strutture del castello subirono gravi distruzioni nel 1316, quando furono cacciate dal castello le forze angioine. Furono successivamente restaurate dai baroni Peralta e nella seconda metà del 1400 dai baroni Alliata. Quest’ultimi costruirono anche nuove grandi sale.
All’inizio del 1500, in un momento in cui le città sul mare e i luoghi forti dell’isola venivano adeguati ai nuovi mezzi ormai utilizzati nelle operazioni belliche per l’introduzione della polvere da sparo, il barone Giacomo Alliata provvide ad irrobustire il castello con strutture bastionate e con un torrione circolare su cui piazzare potenti cannoni. Fece diventare il castello anche palazzo baronale, migliorando gli ambienti esistenti, arricchendoli di manufatti artistici e di preziosi arredi. Successivi adeguamenti ed interventi si devono ai principi Naselli, che scelsero di risiedere stabilmente per un certo periodo nel castello.
Quando iniziò il lento declino del maniero arabo-normanno?
Il castello cominciò a decadere da quando fu abbandonato dai baroni, che preferirono stabilirsi nel loro palazzo palermitano. Per la fine del regime feudale il castello non fu più il centro del potere, che ormai si esercitava altrove, e anche le sue funzioni militari andarono via via esaurendosi.
A quali fonti ha attinto per la stesura di questo saggio?
Sono state oggetto della mia attenzione le pubblicazioni riguardanti Castellammare del Buccellato Galatioto, dell’arciprete Antonino Romano e di Padre Zangara, ma anche molte altre che trattavano, ad esempio, della storia della Sicilia, delle successioni feudali, dei castelli e delle fortificazioni in Sicilia. La lettura delle pubblicazioni è stata ovviamente accompagnata dalla ricerca archivistica. Presso l'Archivio di Stato di Palermo ho esaminato migliaia di documenti e ne ho trascritti parecchi. Le raccolte documentarie su cui si è concentrata la ricerca sono quelle lasciateci dagli Uffici del Regno di Sicilia (Real Cancelleria, Protonotaro, Conservatoria, Maestro Portulano, ecc.). Ho esaminato anche talune pergamene del Tabulario e gli atti di molti notai. Ho consultato gli archivi delle famiglie titolari della baronia di Castellammare (Peralta, De Luna, Moncada). Ho analizzato molti documenti presso l’Archivio Comunale di Palermo, l’Archivio di Stato di Trapani, l'Archivio Municipale di Erice, l’Archivio della Chiesa Madre di Castellammare e l’Archivio Diocesano di Mazara del Vallo.
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Fosse granarie e movimento al piano del fondaco (disegno di Patrizia Fabi)
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Si possono ricostruire le tappe attraverso cui il centro urbano di Castellammare cominciò ad estendersi e a popolarsi?
Dopo il periodo di formazione della città murata nel corso del 1500, con il 1600 ci fu l’espansione dell’abitato all’esterno delle mura nella zona detta “Burgo”, intorno all’area in precedenza utilizzata per le attività del caricatore. Nel secolo seguente tale espansione proseguì, sia pure lentamente, su una progettazione edilizia di massima. Dalla fine del 1700 per tutto l’Ottocento l’afflusso di popolazione verso Castellammare divenne massiccio per le nuove possibilità di lavoro, legate alla concessione in enfiteusi delle terre delle baronie di Castellammare, di Inici e Baida, e ci fu una veloce espansione dell'abitato verso la montagna. Oltre alle attività agricole, ebbero notevole sviluppo allora le attività destinate alla lavorazione dei prodotti agricoli e quelle artigianali. Anche l’attività del porto divenne di nuovo vivace.
Come si svolgeva la vita della prima comunità castellammarese?
La popolazione all’inizio si dedicava in prevalenza alle attività della pesca, ma si impegnava anche presso la tonnara, nei mesi di maggio e giugno, e presso il caricatore per servizi di manovalanza o provvedendo con le barche al trasporto del frumento sui vascelli fermi al largo. Alcuni abitanti si dedicavano all'agricoltura o all’allevamento, assicurando alla piccolissima comunità l’autosufficienza per le derrate alimentari. Nel periodo più antico erano previsti per gli abitanti maschi turni di guardia presso il castello.
Nella sua ricerca passa in rassegna la successione delle famiglie che sono state titolari della baronia di Castellammare del Golfo. Quali sono stati i baroni sotto la cui egida il paese visse periodi di notevole benessere e sviluppo economico?
Famiglie di rilievo che gestirono la baronia furono i Doria, gli Alliata, i De Luna.
I Doria gestirono la baronia alla fine del 1300 e sottrassero la baronia ai Peralta. La famiglia era di origine genovese e da sempre si dedicava al commercio del grano. Personaggio di rilievo fu Emanuele Doria. Si adoperò per il rilancio del caricatore, ampliando le possibilità di conservazione del grano, e della tonnara, introducendo la salatura del tonno pescato.
Gli Alliata sono stati titolari della baronia dalla metà del 1400 alla metà del 1500. Appartenevano ad una famiglia di origine pisana che si dedicava alle attività commerciali e bancarie. A queste attività aggiunse l’esercizio di cariche pubbliche di rilievo. Gerardo Alliata fu protonotaro del regno e suo nipote Giacomo luogotenente del maestro giustiziere.
Gerardo Alliata acquistò la baronia nell’intento di far acquisire un titolo nobiliare alla famiglia, ma fece anche una precisa scelta economica, valutando le possibilità di sviluppo del caricatore e della tonnara. Nel poco tempo che gestì la baronia spese risorse per migliorare le strutture del castello e fece costruire probabilmente la meravigliosa scala a caracol.
Suo continuatore fu il nipote Giacomo Alliata , barone di Castellammare per quarant’anni, dall’ultimo decennio del 1400 al 1532. Fu il vero fondatore del paese, che fornì di un sistema difensivo. Rese il castello più potente, con bastioni e torri, e più bello, trasformandolo in un vero palazzo baronale. Edificò la chiesa parrocchiale e organizzò la vita della prima comunità. Edificò una dimora per il castellano e gli ufficiali della terra. Ampliò le possibilità ricettive del caricatore con la realizzazione di grandi magazzini e costruì un granaio nei sotterranei del castello. Per la carica istituzionale esercitata, fu un personaggio di rilievo in un momento storico in cui la Sicilia visse un momento di crisi per la rivolta contro il viceré Ugo Moncada.
Con i De Luna e i loro discendenti i Moncada, che tennero la baronia dalla metà del 1500 alla metà del 1600, la baronia fece parte di un complesso molto ampio di territori feudali, come il ducato di Bivona e il principato di Paternò. Pietro De Luna si adoperò perché fosse completata l’edificazione del nuovo paese favorendo l’afflusso di nuovi abitanti. Programmò il completamento del circuito murario con la costruzione della “muraglia” con relativo fossato. Fu personaggio di primo piano in quanto genero e principale collaboratore del viceré Giovanni De Vega. La figlia Aloisia De Luna (1592-1620), detta popolarmente la duchissa, visse una vicenda personale molto singolare e in alcuni momenti avventurosa. In seguito a due fortunati matrimoni, rimasta molto presto vedova, fu chiamata a governare un vastissimo patrimonio feudale, che gestì con oculatezza, sagacia e modernità, perseguendo l’obiettivo del successo economico. Seppe scegliere i collaboratori, a cui dava precise istruzioni e da cui esigeva puntuali rendiconti. Abbiamo per questo periodo un’accurata descrizione della situazione della baronia di Castellammare grazie alla relazione di due castellani. Viveva nei suoi lussuosi palazzi o castelli di Palermo, Caltanissetta o Paternò, quasi da regina, contornata di artisti, letterati e numeroso seguito. Ospitò spesso i viceré, ebbe un ruolo di rilevo e fu punto di riferimento per la vita politica siciliana. Per il centro abitato dette disposizione per quanto riguarda l’ordine pubblico e , tramite i governatori o i castellani, favorì la concessione in enfiteusi di terre o di lotti di terreno per la costruzione di macaseni da destinare alle attività commerciali o artigianali. Ricostruì ed ampliò la Chiesa Madre e probabilmente fece giungere la veneratissima statua in porcellana della Madonna della Soccorso.
Come si inserisce la storia di Castrum ad mare de gulfo all'interno della storia della Sicilia? Che ruolo hanno avuto i baroni di Castellammare nel Regno di Sicilia?
Castrum ad mare de gulfo si inserisce pianamente nella storia siciliana per le due funzioni, quella militare e quella economica. Fu una fortezza significativa della Sicilia Occidentale, destinata a rintuzzare eventuali assalti di corsari saraceni o di razziatori barbareschi e a controllare un ampio specchio di mare. Doveva evitare che squadre militari nemiche ponessero piede a terra per penetrare nel territorio siciliano, data le presenza nel golfo di spiagge.
Il caricatore, a cui giungeva il grano di buona parte della Sicilia Occidentale, svolgeva un ruolo economico non certamente secondario nell’ambito dell’economia siciliana.
Spesso della baronia di Castellammare furono titolari personaggi che occuparono ruoli di primo piano nel regno di Sicilia, esercitando cariche pubbliche significative. Il barone di Castellammare, poi, era membro di diritto del Parlamento.
Il suo studio prende in considerazione anche le chiese e le opere d’arte. Cosa si può dire della vita religiosa dei Castellammaresi e della storia della Chiesa Madre?
La piccola comunità si è andata formando accanto al castello, ma anche accanto alla chiesa. Gli arcipreti, nominati su proposta del barone, sono personaggi di primo piano. Sono sempre presenti quando prendono possesso della baronia i nuovi baroni o i castellani. Benedicono i giurati che, quando assumono la carica, si recano a chiedere la protezione della Madonna del Soccorso. Si adoperano per la manutenzione della Chiesa Madre e per la dotazione di preziosi oggetti di culto e di arredi. Man mano che si estende l’abitato per rispondere alle esigenze religiose della popolazione sorgono le nuove chiese e si insediano gli ordini religiosi. I fedeli si organizzano in confraternite, che svolgono in origine anche funzioni assistenziali. La presenza di chiese, cappelle o altari, ma anche di statue, quadri e altri oggetti di culto di notevole valore artistico, testimonia certamente l’intenso sentimento religioso che ha permeato la vita della popolazione di questo paese. La Chiesa Madre fu costruita, come già detto, dal barone Giacomo Alliata e venne aperta al culto nel 1526. L’edificio originario era piccolo e ad una sola navata e, pertanto, in considerazione che la popolazione del centro abitato andava aumentando, alla fine del 1600 fu abbattuto e ricostruito a tre navate. Un’ulteriore ricostruzione e un ampliamento sono avvenuti a partire dal 1726 a spese del principe Baldassare Naselli, ma anche della marineria castellammarese.
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La scala a caracol del castello arabo-normanno
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Si sofferma molto sulla riscoperta delle fosse granarie nel centro abitato di Castellammare. Qual è la loro valenza storica in rapporto all’importanza che ebbero in Sicilia il commercio dei cereali e l’organizzazione dei caricatori?
Ho partecipato con entusiasmo, come molti castellammaresi, alla fine del 2013 alla riscoperta delle fosse granarie. La riscoperta ha fatto costatare che le fosse erano numerose e molto ampie. Sono stato spinto della eccezionalità dell’evento ad estendere le ricerche archivistiche anche ai caricatori siciliani e a quello di Castellammare in particolare. Preziosi in tal senso sono stati molti documenti dei registri del Maestro Portulano di Palermo. Ho potuto capire come funzionava il caricatore di Castellammare, dove erano collocati gli uffici, le fosse ed i macaseni, quale era l’organizzazione del caricatore, volta alla conservazione del grano e alle operazioni di carico delle navi, quale personale e con quale compenso vi operava.
Le fosse granarie, destinate alla conservazione a lungo termine del grano, ci hanno fatto toccare con mano momenti significativi della storia di questo paese, in cui il caricatore era elemento economico predominante. Sono autentici monumenti storici, eccezionali per fattura e bellezza, muti testimoni del duro lavoro di molta popolazione castellammarese in passato.
Quale importanza hanno avuto il porto e la tonnara nella storia di questa graziosa cittadina situata alle pendici del complesso montuoso di Monte Inici?
Castellammare è stato in passato un porto, un porto lo è ancora. Le funzioni svolte adesso come porto sono diverse rispetto al passato. Oggi è prevalente la funzione turistica. Le attività tradizionali di pesca ormai risultano marginali ed impegnano un numero ridotto di addetti. La funzione peschereccia era, invece, in passato la principale. Castellammare fu sede di una fiorente tonnara e della pesca, in particolare delle sarde e delle acciughe, a cui si dedicava buona parte delle popolazione.
Il porto svolgeva anche altre funzioni. Era innanzitutto un porto militare. Le attività del porto e della tonnara, rilevanti dal punto di vista economico, avevano bisogno di protezione. Per questo sorsero, fin dal IX secolo, il castello ed altre postazioni pronte alla difesa da eventuali incursioni, in passato frequenti, di corsari barbareschi, ma anche di potenze ostili.
Svolgeva anche funzioni commerciali per l’esportazioni delle produzioni agricolo - pastorali di un territorio piuttosto fertile, in particolare del frumento prodotto in buona parte della Sicilia occidentale. Dal 1300 fu, infatti, come già ho detto, sede di un efficiente caricatore.
Il porto di Castellammare era un porto privo di moli e di pontili, e per questo le navi stavano al largo fidando nel buon tempo, mentre le operazioni di carico o scarico avvenivano tramite piccole imbarcazioni. Pur con queste caratteristiche, il 1800 fu l’età dell’oro per il porto di Castellammare. Ci fu un una rivitalizzazione ed una diversificazione delle attività, prendendo un autentico volo quella commerciale.
La messa a coltura di una notevole estensione di terre delle antiche baronie aveva messo in movimento finalmente una situazione economica stagnante. La nuova situazione economica aveva nel porto il cuore pulsante. La enorme produzione agricola (vino soprattutto, ma anche olio, grano) e i prodotti alimentari lavorati (tonno sotto sale o sott’olio, sarde salate, formaggi, farina, pasta) dovevano trovare collocazione tramite adeguata commercializzazione, mentre con i mezzi navali dovevano giungere in paese attrezzi agricoli, materiali per le costruzioni, stoffe, metalli, zolfo, ecc.
Il porto di Castellammare per il movimento commerciale si collocò al 37° posto tra i 70 porti italiani. Tale situazione fu posta in crisi dalla filossera che distrusse i vigneti (1895). Per quanto riguarda la tonnara, il nome dato dagli arabi a questo luogo “Al Madarigh”, secondo ricerche storiche recenti, sembra debba tradursi in “Tonnara”. Il toponimo veniva ad identificare l’elemento caratterizzante in origine il luogo, la presenza della tonnara. La tonnara di Castellammare era in passato una delle più importati ed una delle più ricche di pescato tra quelle siciliane operanti sul mar Tirreno.
Cosa si può fare oggi per incentivare il progresso e lo sviluppo economico del territorio?
Ormai il turismo è diventato il motore fondamentale dell’economia di Castellammare. I Castellammaresi non devono più rifornire di grano, di “tunnina” o di vino le città del Mediterraneo. Sono chiamati a nuovi compiti, ad attività lavorative di diverso tipo. Devono programmare e realizzare l’ospitalità e l’intrattenimento, organizzare in modo socialmente valido il tempo libero o il periodo destinato alla vacanza di quanti scelgono di raggiungere i nostri luoghi, godendo delle bellezze del mare e del paesaggio. Ciò non toglie che chi viene nel nostro paese deve essere posto nelle condizioni di coglierne la storia, leggendola ancora dalle numerose testimonianze storiche che costellano il nostro paesaggio. Anche coloro che non si dedicano all’accoglienza e all’ospitalità e continuano a dedicarsi alle attività agricole e a quelle artigianali devono raccordare tale loro impegno al turismo.
Attualmente si sta dedicando a qualche studio? Quando uscirà il suo prossimo libro?
Buona parte del territorio di Castellammare aveva trovato trattazione nelle mie pubblicazioni. Mancava Scopello. Mi sto dedicando ad uno studio su Scopello, con le sue “due anime”, quella di distretto agricolo–pastorale (casale e poi Real Sito), e quella di tonnara. Ancora passerà qualche anno per la pubblicazione.
Quale messaggio si augura possa arrivare a coloro che leggeranno questa sua ricca e approfondita ricerca storica?
Spero che la mia ricerca, che ha dato luce a momenti significativi della storia di Castellammare, non sia riservata ai soli addetti ai lavori. Mi auguro che possa essere di aiuto all’intera collettività per prendere coscienza di come l’uomo ha vissuto in questa terra e per conoscere quali vicende particolari hanno caratterizzato il suo passato.
Quanto ci circonda non è casuale, è frutto dell’opera dell’uomo che in questo luogo incantevole ha scelto di vivere e operare.
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Messaggio: Conosco le pubblicazioni del preside Internicola e apprezzo la sua capacità di storico. |
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