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lunedì, 06 marzo 2023 05:46 |
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Selinunte, veduta aerea (foto di Luigi Nifosì/Archivio Fotografico Siciliano)
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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FtNews ha intervistato l'archeologo Giovanni Di Stefano, autore del libro I Greci di Sicilia. Le città (Abulafia editore, 2022). Il testo, voluto dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa e impreziosito dalle belle foto di Luigi Nifosì, si avvale di una pregevole introduzione curata dal prof. Massimo Cultraro.
Ai nostri lettori il prof. Di Stefano, già Direttore del Parco Archeologico di Camarina e Cava d’Ispica, ha parlato diffusamente dell'argomento affrontato nel volume: la nascita della civiltà greco-siciliana, una civiltà che ha lasciato segni e tracce indelebili nella nostra storia culturale, sociale, architettonica, monumentale, economica, politica, filosofica e antropologica. Di tale storia non possiamo non sentirci imbevuti, coinvolti, forse anche inconsapevolmente condizionati.
Lo studioso spiegato che la colonizzazione greca dell’VIII-VI sec. a.C. fu il movimento di uomini più imponente nella storia del Mediterraneo, sottolineando come nessun modello migratorio moderno possa paragonarsi alla colonizzazione greca della Sicilia.
Prof. Di Stefano, come e con quali finalità è nato il libro I Greci di Sicilia. Le città?
La proposta di dare alle stampe questo libro mi è stata fatta dalla Banca Agricola Popolare di Ragusa, che ha promosso l'iniziativa affidando l'edizione alla casa editrice Abulafia. Desideravo pubblicare un libro divulgativo che affrontasse in maniera chiara un tema che interessa la storia antica non solo della Sicilia, ma di tutto il Mediterraneo centrale. La fondazione delle città greche in Sicilia fu un complesso movimento di uomini che per almeno due secoli, dall’VIII al VI secolo a.C., ha segnato la storia del mondo. Sappiamo quanto sia importante raccontare le nostre ricerche, coinvolgere il pubblico e comunicare notizie relative alla colonizzazione greca della Sicilia. Devo dire che il libro ha avuto un buon riscontro presso i lettori, che hanno apprezzato molto il corredo fotografico di Luigi Nifosì, il quale ha interpretato il mio testo dando una straordinaria visione delle città e dei monumenti delle città greche di Sicilia. È come se questo libro fosse stato scritto a quattro mani: Nifosì l'ha fatto attraverso la sua macchina fotografica.
Cosa si intende quando si parla di colonizzazione greca della Sicilia?
All'inizio del libro ho ritenuto opportuno chiarire che con il termine colonizzazione noi indichiamo un movimento di uomini che si è verificato nel Mediterraneo fra l'VIII e il VI sec a.C., un fenomeno straordinario che ha coinvolto migliaia di persone e ha determinato la fondazione di città. Un fenomeno di tale portata non si è più verificato, è un fatto univoco nella storia del Mediterraneo centrale. Non dobbiamo usare il termine colonizzazione pensando ai fenomeni di colonizzazione europei, come ad esempio la colonizzazione in Africa. Ho chiarito subito che è improprio usare questo termine, appartenente alle esperienze della storia moderna dell'umanità, per fare riferimento al fenomeno verificatosi tra VIII e VI sec. a.C. Dietro a questo movimento di uomini c'era una regia; questi contingenti di uomini e donne partivano secondo un'organizzazione: i coloni che parteciparono alle fondazioni sono coordinati, in Grecia, dalla città-madre e non sono mai dei fuggiaschi, anche se rimane ancora da chiarire il rapporto sociale fra le aristocrazie che organizzavano le spedizioni e i cittadini che si imbarcavano e diventavano coloni. Ogni gruppo che dalla città-madre si muoveva alla volta della Sicilia aveva un ecista, che sarebbe diventato, poi, il fondatore della colonia, della nuova città.
Da chi veniva scelto l'ecista? Quali funzioni aveva?
L'ecista era il capo della spedizione designato dalla madrepatria, ma non era solo: nella lunga traversata via mare era affiancato da altre persone, ad esempio topografi, ma soprattutto sacerdoti, perché la fondazione della nuova città comportava una serie di operazioni specialmente di tipo religioso. L’ecista è responsabile dei rapporti con la metropoli e anche delle istituzioni della nuova città. Soprattutto grazie a Tucidide conosciamo i nomi di alcuni dei fondatori, segno che la memoria collettiva e quella della tradizione storica avevano conservato il ricordo dei nomi dei capi designati di queste spedizioni.
Ha parlato dei sacerdoti. Che importanza ha avuto l'elemento religioso nella fase di organizzazione della spedizione e, poi, nella fondazione della nuova città?
Nella fase di organizzazione di una apoikia i sacerdoti, su richiesta dell’ecista, interrogavano il dio Apollo tramite la sacerdotessa che emetteva, poi, gli oracoli. La fondazione era sempre preceduta da una interrogazione oracolare e successivamente seguita da un rituale di consacrazione ad Apollo Archeghetes, fondatore. Sia l’inno omerico ad Apollo che Tucidide descrivono i momenti successivi all’arrivo dei coloni sul luogo dove fondare la nuova città. Si predisponeva la costruzione di un altare e poi collettivamente si consumava una libagione. L’altare di Apollo a Naxos fu omaggiato da ogni ecista siciliano.
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Siracusa, veduta aerea (foto di Luigi Nifosì/Archivio Fotografico Siciliano)
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Qual era il rapporto tra le nuove città e la madrepatria? Una volta arrivati nel sito prescelto, quali attività bisognava compiere?
Le nuove città furono completamente autonome dalle città-madre, dalle quali derivano probabilmente alcuni culti del pantheon religioso e gli ordinamenti legislativi.
L’arrivo dei coloni sul sito prescelto della nuova città implicò una serie di attività: delimitare lo spazio urbano, organizzare i quartieri per i coloni, urbanizzare l’area adibita alle attività cittadine, cioè prevedere le aree pubbliche (religiose e civili), e poi destinare, forse per sorteggio, i lotti rurali nellachora.
Nella sua introduzione il prof. Massimo Cultraro si sofferma sulla Sicilia pregreca. Come si presentava l'isola quando arrivarono i coloni greci? Quali furono i rapporti fra i primi colonizzatori e le popolazioni locali indigene?
Cultraro nella sua introduzione propone al lettore una situazione della Sicilia al momento dell'arrivo dei coloni, riassumendo il quadro delle popolazioni indigene fra il Bronzo Finale e il IX sec. a.C. Nella Sicilia agli inizi dell’VIII secolo a.C. il quadro delle popolazioni indigene ci è restituito dall’archeologia: nella parte orientale dell’isola, quella sicula, scompaiono i grandi villaggi risalenti all’età del Bronzo Finale (Metapiccola di Leontinoi, Cassibile, Monte Dessueri), al posto dei quali si intensificano i centri di Pantalica, Adrano, Paternò; nella parte occidentale, quella sicana, sopravvivono alcuni centri fortificati lungo il fiume Platani (Polizzello, Sant’Angelo Muxaro). I villaggi siculi della Sicilia orientale sono caratterizzati da un sostrato culturale di tipo ausonio, tipico dell’Italia meridionale; invece gli abitanti della Sicilia occidentale si rifanno ancora a tradizioni culturali del Tardo Bronzo. Il tema del contatto fra i primi colonizzatori e le popolazioni locali indigene è importante: in alcuni casi assistiamo a veri e propri conflitti tra i nuovi arrivati e gli autoctoni. Penso a quello che è avvenuto a Gela, ma anche alla fondazione di Siracusa, dove, stando alla testimonianza di Tucidide, i Siculi che occupavano l'isola di Ortigia fuggirono.
In quali aree geografiche si diressero i coloni greci?
Ci sono varie aree di influenza. Bisogna dire che prima di queste fondazioni storiche registrate dalle fonti, probabilmente ci sono state delle frequentazioni da parte di commercianti: i processi di fondazione delle colonie greche in Sicilia sono correlati con le conoscenze geografiche, acquisite già dall’età micenea, che determinarono la frequentazione di rotte marittime a scopi commerciali. A queste frequentazioni precoloniali, poi, si sovrappongono le fondazioni di età storica secondo questa geografia: i Calcidesi occupano l'area dello Stretto, la Sicilia nordorientale, quindi Naxos, Messina, Imera, Catania, Leontinoi. I Dori occupano l'area della Sicilia sudorientale: Siracusa e il territorio alle spalle di Siracusa, con Akrai (l'odierna Palazzolo Acreide), Casmene e Camarina, che completano l'occupazione dell'angolo sudorientale dell'isola. I Rodio-Cretesi fondano prima Gela, sulla costa meridionale della Sicilia, poi Agrigento. I Megaresi, a cui rimane un ristretto campo d'azione, si insediano tra l'area siracusana e l'area calcidese, dove fondano Megara Iblea. Questi Megaresi fonderanno, poi, Selinunte, nella Sicilia occidentale, a quasi 300 km di distanza: il primo territorio che era stato loro concesso era talmente ristretto che l'area di influenza viene proiettata verso la Sicilia occidentale.
Quali dinamiche furono all’origine dei processi di fondazione di nuove città?
Ribadisco che i processi di fondazione delle colonie greche in Sicilia sono correlati con le conoscenze geografiche, acquisite già dall’età micenea, che determinarono la frequentazione di rotte marittime a scopi commerciali. Ovviamente, anche altre motivazioni verificatesi nella madrepatria sono preminenti: fenomeni di eccedenza demografica, con la conseguenza dell’esodo di gruppi di cittadini; carenza di suoli coltivabili, disagi di vario genere causati da eventi naturali (siccità ed epidemie); nuove dinamiche all’interno delle genealogie parentali; nuovi rapporti in relazione al possesso e alla fruizione della terra. Queste motivazioni, che trovarono poi una teorizzazione in Platone e in Aristotele, tengono conto dell’alto numero dei cittadini in rapporto ai lotti agricoli originariamente assegnati. Proprio la vocazione agricola fu certamente determinante in questi processi di fondazione.
Quale ruolo ebbe lo Stretto di Messina durante la colonizzazione greca della Sicilia?
Il ruolo dello Stretto di Messina è stato importantissimo. Lo Stretto e tutta la costa nordorientale della Sicilia erano stati frequentati prima ancora della colonizzazione storica: attraverso lo Stretto i primi mercanti commercianti greci, penso a quello che è successo nel IX sec. a.C., avevano avuto la possibilità di proiettarsi verso il mondo dell'Italia meridionale (verso Cuma e Pithecusa). Il che significa apertura verso i mercati etruschi e laziali, ma anche proiezione verso le coste della Francia meridionale, quindi lo Stretto di Messina è stato una sorta di imbuto che ha consentito di veicolare prodotti, soprattutto ceramica, bellissime coppe tipiche della ceramica corinzia. Grazie ai flussi commerciali che attraversavano lo Stretto, queste coppe potevano essere vendute e commerciate lontano dalla madrepatria. Lo Stretto di Messina ebbe un ruolo fondamentale sia nella fase della pre-colonizzazione, ovvero la fase che ha proceduto la colonizzazione storica, che nella colonizzazione storica. Non è un caso che Naxos, la prima colonia greca di Sicilia, sia stata fondata nel territorio dello Stretto. Su queste vie commerciali che precedono la colonizzazione storica si è sperimentata tutta la colonizzazione storica di cui ci parla Tucidide.
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Agrigento, veduta aerea del Tempio di Giove Olimpio (foto di Luigi Nifosì/Archivio Fotografico Siciliano)
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Tucidide è una fonte imprescindibile per tutto ciò che riguarda la colonizzazione greca della Sicilia; è lui a fornirci la cronologia più attendibile. Quali caratteristiche presenta la cronologia tucididea?
La nostra fonte principale della colonizzazione greca in Sicilia è Tucidide. A parte probabili tradizioni locali di ogni singola città, dove le élite terranno memoria dei calcoli cronografici, forse costruiti sulla base di generazioni, le date di fondazione delle colonie siciliane si possono ricavare dal libro VI dell’opera di Tucidide sulla spedizione ateniese in Sicilia. Qui lo storico raccoglie le fondazioni con una scala cronologica relativa, rapportando ogni città alla fondazione di Siracusa: ad esempio Naxos sarebbe stata fondata un anno prima di Siracusa, Leontinoi, invece, cinque anni dopo. La fondazione di Siracusa per Tucidide diventa fondamentale. Questa griglia cronologica dedotta dalla testimonianza tucididea è stata anche sottoposta a revisioni o a riscontri. La documentazione archeologica in buona parte ha confermato il racconto tucidideo.
La ricerca archeologica ci dice qualcosa in merito alle modalità di occupazione dello spazio urbano?
La moderna ricerca archeologica ha voluto fare luce sulle modalità in cui avveniva l'occupazione dello spazio urbano da parte dei coloni e sulle modalità di creazione della città. Sono città di nuova fondazione, strutture urbane che non hanno nulla a che vedere con le strutture del mondo indigeno. In tal senso sono stati fondamentali gli scavi della missione archeologica francese a Megara Iblea e i lavori condotti a Siracusa, sia ad Ortigia che sulla terraferma. Siracusa è una città molto stratificata; è stato possibile scendere fino ai livelli più antichi, quei livelli che ci hanno restituito le tracce della prima occupazione da parte dei Greci. Sia a Siracusa che a Megara Iblea cominciamo a conoscere dei lotti urbani, all'interno dei quali sono stati acquartierati i coloni che provenivano dalla madrepatria. A Megara Iblea questi lotti dovevano essere occupati da case monocellulari con terreni circostanti, forse utilizzati e sfruttati per ragioni agricole. Nel caso di Megara Iblea si tratterebbe di un primo nucleo urbano dell'VIII sec., che potremmo definire il nucleo di un villaggio rurale, organizzato con delle case e dei terreni agricoli circostanti, ma compresi all'interno di lotti regolari. A Megara, quindi, gli studiosi francesi hanno trovato lotti regolari, ma con due orientamenti diversi, mentre a Siracusa, ad Ortigia, gli scavi condotti al di sotto della città moderna hanno appurato che i primi coloni occuparono il suolo costruendo case monocellulari, ma all'interno di lotti di forma rettangolare. Gli studiosi che si sono occupati di urbanistica hanno appurato che fra lotto e lotto iniziano a delinearsi degli assi viari, ovvero le prime strade. Questo è il primo passo verso l'urbanizzazione delle colonie. I coloni arrivano e occupano i territori legati alla loro città; ogni colono ha diritto di costruire una propria casa all'interno di un lotto e l'insieme di questi lotti ha determinato la nascita, tra un lotto e l'altro, di spazi pubblici. A Naxos, a Megara Iblea e a Siracusa assistiamo alla perimetrazione di aree pubbliche sia civili (le agorà) che religiose (i primi templi).
Quando avviene la monumentalizzazione delle colonie?
Nel VI sec. a.C., quando a Ortigia venne costruito il tempio dorico di Apollo, il primo edificio sacro in pietra costruito in Sicilia dai nuovi coloni. Cito anche il tempio di Zeus a Selinunte e l’Olympieion di Agrigento, che sono gli esempi più monumentali. La prima urbanizzazione delle aeree pubbliche, sia civili che religiose, è un processo unico nella storia urbana del mondo antico d’Occidente. Anche la monumentalizzazione delle colonie con gli edifici civili (il teatro di Siracusa) e i templi può considerarsi un unicum nella storia dell’architettura greca. Si tratta del linguaggio architettonico che i Greci di Sicilia usano per identificarsi, un linguaggio magniloquente che caratterizza la grecità d'Occidente. Tutto questo si può leggere anche guardando la Sicilia dall’alto e recuperando, nelle immagini fotografiche di oggi, le vestigia, le tracce, le pietre di una storia della quale non possiamo non sentirci imbevuti, coinvolti, forse anche inconsapevolmente condizionati.
Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori di questo volume?
Il libro è rivolto a chi vuole conoscere le radici greche della Sicilia: a chi si accosta alla storia antica dell'isola ho voluto dare l'opportunità di approfondire alcuni temi che sono, poi, i temi più attuali e moderni della ricerca archeologica nell'ambito della storia greca di Sicilia. Faccio riferimento ai temi relativi alla fondazione, all'occupazione, alla monumentalizzazione delle singole colonie. Il libro si intitola I Greci di Sicilia. Le città; ho voluto aggiungere il termine città perché una civiltà passa attraverso la fondazione di città e attraverso la strutturazione urbana: questa è una grande invenzione politica e urbanistica dei Greci. Spero che il volume possa essere utile per una storia moderna dei Greci di Sicilia.
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