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lunedì, 02 maggio 2022 20:24 |
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copertina: Ingresso allo Zingaro, lato sud (foto di Girolamo Culmone)
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Dal nostro inviato
Francesca Bianchi
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FtNews ha intervistato lo scrittore Enzo Di Pasquale, autore del libro Viaggio allo Zingaro, un reportage alla scoperta del fascino e dei segreti della prima Riserva naturale istituita in Sicilia, una parentesi di incontaminata natura tra Castellammare del Golfo e San Vito Lo Capo (TP). Il libro è stato pubblicato lo scorso anno dall'editore alcamese Ernesto Di Lorenzo, in occasione del quarantesimo anniversario dell'istituzione della Riserva. Fulco Pratesi, fondatore del WWF Italia, di cui attualmente è il presidente onorario, ha curato la prefazione del volume.
Giornalista pubblicista, nonché insegnante di materie letterarie in una scuola primaria castellammarese, nel corso della nostra bella conversazione Di Pasquale ha parlato del legame forte e antico con questo angolo meraviglioso dell'isola. Ha affermato che lo Zingaro costituisce l'emblema di un ritrovato equilibrio dell'uomo con la natura e una bandiera del movimento ecologista e ha spiegato il motivo per cui rompe lo schema classico di concepire il turismo e ne presenta uno alternativo, affrontando anche l'argomento relativo ai fattori che hanno consentito di salvare la Riserva dall'antropizzazione incontrollata.
La Riserva dello Zingaro ospita la grotta dell'Uzzo, importante sito preistorico che ha restituito i segni della presenza umana risalente a circa 10.000 anni fa. Quando Di Pasquale la vide per la prima volta, gli apparve con una gigantesca bocca spalancata, quasi un’espressione di meraviglia al cospetto del mare.
Nelle parole dello scrittore è chiara la speranza che il libro possa stimolare nei lettori il desiderio di visitare lo Zingaro tutto l'anno, non soltanto durante la stagione estiva, per coglierne la vera essenza.
Dott. Di Pasquale, dopo il successo del romanzo Un'isola chiamata Zingaro (Ernesto Di Lorenzo, 2013), lo scorso anno, sempre per lo stesso editore, ha deciso di pubblicare Viaggio allo Zingaro, un altro libro dedicato alla prima Riserva naturale istituita in Sicilia. In quali circostanze e con quali finalità è nato questo lavoro?
È stata un’idea dell’editore. L’ultima vera guida sulla riserva dello Zingaro era uscita nel maggio del 1991. Erano seguite varie pubblicazioni, ma specifiche e di carattere scientifico sulla flora o la fauna, altre sulle piante endemiche, altre ancora sulla fauna vertebrata o sugli uccelli. Di Lorenzo, dopo tanti anni, ha voluto omaggiare la prima riserva siciliana con un reportage che richiamasse un po’ il modello giornalistico.
Cosa rappresenta per lei lo Zingaro? Quando è nato il suo legame con questo luogo?
Per me lo Zingaro rappresenta innanzitutto una svolta nel concepire un certo tipo di turismo. La Sicilia è una terra culturalmente ricca e affascinante, ma nello stesso tempo è una realtà colma di contraddizioni. In questo meraviglioso angolo dell’isola si era deciso politicamente di adottare dei piani di sviluppo che prevedessero solamente ferro e cemento, per non parlare poi del fenomeno dell’abusivismo, molto diffuso dalle nostre parti. Ebbene, l’istituzione di una riserva naturale, in questa striscia di terreno tra Castellammare del Golfo e San Vito Lo Capo, significò compiere una manovra coraggiosa che prevedesse invece il blocco della speculazione edilizia a favore della fruizione pubblica. Ecco perché lo Zingaro è considerata la riserva simbolo. Il mio legame con questo luogo è molto forte e risale a molti anni fa, quando mi occupavo della riserva per i quotidiani “Il Giornale di Sicilia” e “La Sicilia”.
Nella prefazione del libro, Fulco Pratesi, padre dell'ambientalismo italiano, si sofferma sugli eventi del 18 maggio 1980, data della Marcia dello Zingaro. Cosa accadde in quell'occasione?
Ha fatto bene l’amico Pratesi a soffermarsi su quel memorabile giorno, anticipato da vari confronti tra le associazioni ambientaliste, scienziati e la società civile. Quel giorno fu per la Sicilia un’occasione storica per smacchiare quel bollino nero derivato da un vero e proprio saccheggio delle risorse ambientali. Prima di allora lo Zingaro era conosciuto come luogo di libertà, dove chiunque poteva accamparsi e godere dei profumi e di un mare cristallino. Quando si capì che tutto ciò poteva finire, il massiccio movimento d’opinione, e forse anche la rabbia, furono del tutto spontanee. Non si poteva rischiare che questa parte della Sicilia fosse un completamento della speculazione edilizia che aveva interessato quasi tutta la fascia nord della Sicilia. Perciò accadde che un mare di gente si riversò fisicamente sul luogo da difendere. Chiunque voleva esserci, perché lo Zingaro era e doveva rimanere di tutti.
Perché lo Zingaro costituisce l'emblema di un ritrovato equilibrio dell'uomo con la natura e una bandiera del movimento ecologista?
Lo Zingaro non era nell’elenco dei biotopi, né tantomeno faceva parte di quelle aree di interesse naturalistico redatto dalla società Botanica Italiana, ma tutti sapevano che era un’oasi di costa non ancora cementificata. In questo senso si riuscì a ritrovare un equilibrio dell’uomo con la sua natura, una sorta di scambio di amorosi sensi. Fu una vittoria per il movimento ecologista e ne divenne una bandiera.
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Enzo Di Pasquale a Pizzo Corvo (foto di Vita Iracani)
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Cosa significa che quella dello Zingaro è una Riserva "orientata"?
Significa che è una riserva finalizzata alla salvaguardia e alla conservazione del patrimonio naturale, ambientale e paesaggistico, ma sono consentiti interventi colturali, silvo-pastorali ed agricoli, purché non in contrasto con il regolamento generale della riserva.
Cosa sappiamo dell'antropizzazione dell'area protetta? In che modo è stato possibile salvare la Riserva dall'antropizzazione incontrollata?
Grazie a una legge della Regione Siciliana, varata nel maggio del 1981, le aree protette in genere, e le riserve in particolare, vengono finalmente considerate a tutti gli effetti beni ambientali di pubblico interesse. Lo Zingaro rientrò in questo contesto e divenne la prima area protetta della Sicilia. Questo fu l’atto che strappò lo Zingaro dalle grinfie della speculazione edilizia in cui aveva già messo le mani la mafia e bloccò così la costruzione della litoranea che doveva collegare Castellammare del Golfo con San Vito Lo Capo. Lo stesso provvedimento individuava altre diciotto riserve e tre parchi.
Perché la Riserva può essere definita anche area rurale? Quali attività umane vi si praticavano anticamente e fino a 40-50 anni fa? Quali prodotti vi si coltivavano?
Circa mezzo secolo fa, quest’area era essenzialmente agricola e pastorale. La palma nana – che oggi è il simbolo della riserva – costituiva elemento di rilievo per il reddito delle famiglie dello Zingaro. Le foglie a ventaglio erano utilizzate per fare scope. Allo Zingaro ogni famiglia produceva circa mille fasci di curina, così veniva chiamata la palma raccolta. Altro reddito proveniva dagli alberi di frassino, dal cui tronco si estraeva per incisione la manna, una preziosa sostanza zuccherina. Anche le mandorle rappresentavano una buona fetta di reddito per gli agricoltori della zona.
Quali caratteristiche presentano le abitazioni che si trovano all'interno della Riserva? Qual era la destinazione d'uso di questi edifici? Come sono stati riconvertiti?
Le abitazioni all’interno dello Zingaro erano di tipo rurale, sostanzialmente le case dei contadini. A seguito dell’esproprio alcuni ruderi sono stati trasformati in rifugi forestali, musei, centro visitatori. Alcune abitazioni sono state lasciate ai vecchi proprietari, ma non si possono assolutamente modificare. È consentita solamente la ristrutturazione con regole rigidissime.
Nel libro si dice che lo Zingaro è un esempio di territorio rimasto quasi integro e di grande valenza da un punto di vista biologico, paesaggistico ed antropologico. Ci spieghi questa affermazione, svelandoci qualche informazione in merito al patrimonio naturalistico e antropologico del luogo.
Una peculiarità dell’area protetta riguarda il cosiddetto pavimento a trottoir, una sorta di mensola rocciosa a contatto con il mare. Si tratta di un vero e proprio “acciottolato biologico” composto da minuscoli gusci di gasteropodi. Dal punto di vista faunistico, ricordo che vi nidificano trentanove specie di uccelli. Tra la flora vanno segnalate quaranta piante endemiche, tra cui il singolare limonio di Todaro che si trova a 500 metri di altitudine, quando normalmente cresce soltanto sulle rocce in prossimità del mare.
Dove risiede la funzione educativa della Riserva?
La riserva ha assunto un’importante funzione educativa soprattutto dal punto di vista ambientale. Magicamente il visitatore, entrando, ha rispetto dell’ambiente. Certo, capita sempre qualche scalmanato, ma viene guardato malamente non solo dal personale della riserva, ma anche dai visitatori, diciamo normali. Inoltre, ogni anno la riserva ospita centinaia di studenti per i quali vengono attivati vari laboratori.
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Cala Tonnarella dell'Uzzo (foto di Vita Iracani)
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La Riserva dello Zingaro ospita la grotta dell'Uzzo, importante sito preistorico che ha restituito i segni della presenza umana risalente a circa 10.000 anni fa. Cosa rappresentava questa grotta per le popolazioni preistoriche? Dagli studi effettuati sui resti rinvenuti, è stato possibile ricostruire le abitudini di vita di quelle popolazioni per capire come vivessero?
Che impressione ebbe quando vide per la prima volta la Grotta dell'Uzzo?
Grazie agli studi del compianto archeologo Sebastiano Tusa, che ebbi l’onore di seguire giornalisticamente in varie occasioni, si venne a scoprire che la vita umana nell’area dello Zingaro dovette iniziare nel periodo denominato Paleolitico Superiore (circa 12.000 anni fa). Per le popolazioni preistoriche questa grotta rappresentò non solo un riparo, ma anche un luogo dove seppellire i propri cari. Quando vidi per la prima volta la grotta dell’Uzzo, rimasi sbalordito: mi apparve come una gigantesca bocca spalancata. Quasi un’espressione di meraviglia al cospetto del mare.
Nel libro afferma di aver trascorso diverse notti all'interno della Riserva. Che ricordo conserva di quelle avventure? Com'è lo Zingaro di notte?
Per me sono le notti magiche. Un mio caro amico è proprietario di una minuscola casetta che era appartenuta ai suoi nonni. Ebbene, ogni anno ho la fortuna di trascorrere qualche giorno lì. Non c’è luce, di sera si accende il fuoco, si mangia, si guardano le stelle, si raccontano le storie e di tanto in tanto viene a farci visita la volpe. Il tempo si ferma.
Quale messaggio si augura possa arrivare ai lettori di Viaggio allo Zingaro?
In primo luogo, che la riserva dello Zingaro non è solo mare: benché quest’ultimo abbia un forte impatto visivo, bisogna scoprire anche altri aspetti o angoli nascosti della riserva. Ricordo che lo Zingaro arriva fino a 913 metri di quota con monte Speziale. Visitare la riserva in altre stagioni che non sia quella estiva significa coglierne la vera essenza. In primavera, ad esempio, vi è la possibilità di ammirare tutte le fioriture, in primo luogo le orchidee selvatiche che inebriano coi loro profumi. Ma per fare ciò bisogna armarsi di buona volontà e deviare dal sentiero principale, imboccando quello alto. Ci aspettano otto ore di camminata nel “paradiso”, dove si possono vedere i gabbiani che planano più bassi dal nostro punto di vista, ma dove l’aquila del Bonelli sorvola e domina sempre molto più in alto. Di tanto in tanto sbucano mandrie di cavalli che vivono allo stato brado.
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